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Bob Iger è di nuovo l’amministratore delegato della Disney

21 Novembre 2022

In cima alla piramide Disney c’è un nome nuovo che però è un nome vecchio: domenica 20 novembre, il consiglio d’amministrazione dell’azienda ha annunciato che Bob Chapeck non sarà più il Ceo di Disney e che al suo posto subentrerà – ritornerà – Bob Iger, che aveva già ricoperto il ruolo per quindici anni consecutivi dal 2005 al 2020 (anno in cui era stato sostituito proprio da Chapeck: deve esserci qualcosa nel nome Bob che ispira fiducia nel membri del board Disney). Come racconta il Guardian, Susan Arnold, presidente della Disney, ha ringraziato Chapeck per il servizio reso all’azienda nel corso della sua carriera (prima di diventare amministratore delegato era stato, tra le altre cose, il responsabile dei parchi divertimento) e ha spiegato che: «Il consiglio ha concluso che mentre la Disney si prepara ad affrontare un periodo sempre più complesso di trasformazione del settore, Bob Iger è la giusta soluzione per guidare l’azienda in questi momenti cruciali». Iger, d’altronde, è la persona che ha costruito la Disney per come la conosciamo oggi, trasformandola nel moloch dell’intrattenimento che ha dominato gli ultimi venti anni di cultura pop: è lui che ha portato avanti le trattative che hanno alla fine portato all’acquisizione di Pixar, Marvel, Lucasfilm e le proprietà intellettuali di 21st Century Fox.

La decisione arriva dopo i diversi problemi affrontati da Chapeck nel corso del suo mandato di amministratore delegato. Dopo l’entusiasmo seguito alla sua nomina e all’idea di un nuovo corso, Chapeck ha dovuto affrontare molte difficoltà: in particolare la pandemia e tutti i problemi che da essa sono venuti, come la causa intentata da Scarlett Johansson a causa della decisione dell’azienda di distribuire Black Window contemporaneamente nelle sale cinematografiche e in streaming su Disney+. Chapeck ha dovuto affrontare anche problemi “politici”, come le battaglia Stato-azienda scoppiata in Florida in seguito all’opposizione di Disney al Parental Rights in Education Act, noto anche come legge “Don’t Say Gay”, da molti negli Stati Uniti considerata una legge discriminatoria e repressiva della comunità Lgbtq+.

Ma, dicono gli addetti ai lavori, il cambio dal vertice dell’azienda si spiega soprattutto con la grandissima perdita di valore azionario subita dai titoli Disney nel corso di quest’anno: pari addirittura al 40 per cento. A questo si sono aggiunte poi le difficoltà di Disney+, causate anche dalla sempre crescente competizione nel settore dello streaming. Due settimane fa, infatti, sono stati resi pubblici i risultati del quarto trimestre 2022 della Disney, che di certo non hanno saltato azionisti e investitori. Disney non è riuscita a raggiungere nessuno degli obiettivi previsti: la sua attività di streaming è cresciuta (gli abbonati aumentano) ma non in modo sufficiente da coprire i costi di realizzazione dei tantissimi contenuti di Disney+.

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