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Meta ha accusato l’Australia di non ascoltare i giovani, sul divieto di usare i social per i minori di 16 anni

NEW YORK, NY - DECEMBER 01: A group of teens look at a photograph they took on a smartphone in Times Square, December 1, 2017 in New York City. The photo-sharing app Instagram has released data for its most-Instagrammed cities and locations for 2017. New York City is ranked number one, with Moscow and London coming in second and third. Among the most photographed locations in New York City were the Brooklyn Bridge, Times Square and Central Park. (Photo by Drew Angerer/Getty Images)

Giovedì 28 novembre l’Australia è diventato il primo Paese al mondo a imporre un limite all’uso dei social media. Un limite d’età, per la precisione: chi non ha compiuto sedici anni è meglio che stia alla larga dai social, questa, in sostanza, la legge approvata al Parlamento australiano. La reazione di Big Tech ve la potete immaginare: a malincuore le aziende saranno costrette a rispettare la norma, anche perché, come riporta il Guardian, se non lo facessero incorrerebbero in sanzioni fino a 50 milioni di dollari. Ma il malcontento è evidente, come si capisce dal comunicato stampa diffuso da Meta subito dopo l’approvazione della legge.

«Il nostro timore è dato dal fatto che si è ricorsi a una procedura particolare per accelerare l’approvazione della legge, non si è quindi tenuto conto di tutte le informazioni, di ciò che le imprese fanno già per assicurare che gli utenti dei social vivano sulle piattaforme esperienze adeguate all’età. Soprattutto, non è stata ascoltata la voce dei giovani», questo si legge nel comunicato stampa. E in effetti, è vero che il Parlamento australiano ha approvato la legge in pochissimi giorni, nonostante avesse ricevuto più di 15 mila richieste di udienza da parte di cittadini, associazioni e imprese, desiderosi di intervenire nel dibattito parlamentare.

La ragione di tanta fretta è, secondo i parlamentari che hanno votato a favore, è la necessità di proteggere le nuove generazioni dai danni che i social hanno arrecato alle precedenti. Una posizione largamente condivisa – a favore hanno votato anche le opposizioni – anche se non sono mancate le critiche: un parlamentare del Gruppo Misto ha definito la legge «una soluzione da 1970 a un problema del 2024». Certo, questo diventerà un precedente: già i governi di Regno Unito e Francia hanno detto di voler adottare provvedimenti simili a quello australiano. E, d’altronde, gli effetti dei social media sulla salute mentale dei più giovani sono ormai un tema molto discusso e sentito. Ne abbiamo parlato anche noi, nel numero di Rivista Studio dedicato alla “Minore età“, partendo dal best seller di Jonathan Haidt The Anxious Generation, uscito anche in Italia, per Rizzoli.

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