Attualità | Medio Oriente

Dopo il 7 ottobre i kibbutz sono diventati città fantasma

Erano un luogo simbolo del Paese, ma in quest'anno tantissimi sono stati abbandonati e trasformati in memoriali.

di Studio

In Israele, la commemorazione della strage del 7 ottobre è iniziata questa mattina alle 6:29. È il momento esatto in cui un anno fa cominciava la carneficina del Supernova Sukkot Gathering, 364 israeliani uccisi dai terroristi di Hamas, decine di persone rapite e tenute prigioniere. Da qui – la commemorazione si può seguire in diretta su YouTube – è cominciato il viaggio del Presidente israeliano Isaac Herzog, un viaggio che lo porterà in tutti i luoghi attaccati il 7 ottobre. Neve Eshkol, Kibbutz Magen, Kibbutz Nirim, Kibbutz Ein Hashlosha, Kibbutz Nir Oz, Kibbutz Kissufim, la base dell’IDF Re’im, Kibbutz Re’im, Kibbutz Be’eri oggi. Domani il Kibbutz Alumim, Kibbutz Nahal Oz, Kibbutz Kfar Aza, Kibbutz Mefalsim, Moshav Yakhini, Sderot, Kibbutz Nir Am, Kibbutz Erez, Moshav Netiv Ha’asara, and e la Zikim Beach. Mercoledì il Kibbutz Kerem Shalom, Moshav Pri Gan, Kibbutz Holit, Kibbutz Sufa, Kibbutz Nir Yitzhak, Moshav Ein HaBesor, Moshav Mivtahim, Moshav Yesha, la base Urim dell’Idf e Ofakim.

Tantissimi di questi kibbutz sono, da un anno a questa parte, in uno stato di abbandono. Alcuni, pochi, stanno provando a sopravvivere: la maggior parte delle persone che fino al 7 ottobre ci vivevano e lavoravano oggi non hanno la forza di ritornarci. Tante si sono trasferite in kibbutz nell’entroterra israeliano, lontane dai confini. Alcune ritornano al kibbutz ogni giorno per lavorare, ma quando cala il sole vanno via: non riescono più a passarci la notte. “An Israeli kibbutz where Oct. 7 never ends”, così si intitola un reportage di Steve Hendrix del Washington Post da Be’eri: un anno fa qui sono state uccise 132 persone, 30 sono state tratte in ostaggio, 10 sono ancora prigioniere e di queste solo per 3 ci sono ancora speranze di farle tornare a casa vive. Nel 2022 a Be’eri abitavano 1071 persone, adesso sono poche decine: la storia di chi è sopravvissuto e di chi è rimasto è raccontata nel primo episodio di One Day in October, la prima serie sul 7 ottobre, che in Israele è stata distribuita proprio oggi, in tv e in streaming. Chi è tornato a vivere qui, la prima cosa che ha fatto è stata rimettere in piedi le recinzioni che segnano i confini del kibbutz, aggiungendoci il filo spinato.

Per posti come Be’eri, per tutti i posti attaccati il 7 ottobre, si usa ormai la definizione di città fantasma. Ci sono momenti, però, in cui queste città fantasma vengono improvvisamente “ripopolate”: succede quando da tutto il resto di Israele arrivano persone che vogliono vedere con i propri occhi le macerie lasciate dal 7 ottobre. Nel suo pezzo per Bbc, Alice Cuddy ha raccontato la storia di due abitanti di Be’eri, Rami Gold e Simon King, che adesso organizzano delle visite guidate al kibbutz per far capire cosa è successo davvero in questi posti. Come succede in qualsiasi comunità spezzata, la discussione su cosa deve venire dopo il trauma contribuisce ad aggravare il trauma stesso: da un lato ci sono abitanti dei kibbutz che ritengono che contribuire alla memoria sia un obbligo morale, dall’altro altri abitanti dello stesso kibbutz che soffrono a vedere quel che resta della loro casa trasformato in un memoriale. È un problema, questo, che non divide soltanto la comunità di Be’eri: dilemmi come questo li stanno vivendo tutti coloro che vivono ancora lungo la Route 232, la strada che attraversa il sud di Israele e che i terroristi di Hamas hanno percorso il 7 ottobre, la strada che ha ripercorso il giornalista di Le Monde Samuel Forey per un pezzo che racconta quello che ne resta oggi.

Quel che resta dopo il 7 ottobre è il vuoto, racconta Ruth Margalit sul New Yorker. Anche lei è una delle persone che hanno visitato i kibbutz nell’ultimo anno ed è una delle giornaliste che adesso raccontano le città fantasma: 74 mila persone sono fuggite dalle comunità, dai paesi e dalle città nel sud di Israele da 7 ottobre a oggi. Per avere un’idea delle dimensioni di quanto successo: circa 125 mila persone ci vivevano fino al 2023, quasi il 3 per cento di tutti gli abitanti d’Israele. Decine di luoghi dei quali il kibbutz di Nir Oz è diventato un simbolo: fino a un anno fa qui vivevano 400 persone, oggi ne restano soltanto due. Una di queste due persone è Natan Bahat, 82 anni, fuggito dal Terzo Reich negli anni 30 assieme alla sua famiglia, nel 1955 ha contribuito a fondare e poi a costruire il kibbutz. Oggi, di tutte le case di Nir Oz soltanto sei sono ancora in piedi: una è la sua. Un quarto degli abitanti di Nir Oz è stato ucciso o rapito il 7 ottobre: si tratta del luogo in cui l’attacco di Hamas ha fatto più vittime rispetto alla popolazione, come scrive Bethan McKernan sul Guardian. A Nir Oz viveva Elad Katzir, una delle persone rapite il 7 ottobre, il cui corpo fu poi recuperato dall’Idf al termine della famigerata operazione di Khan Yunis. Oggi sua sorella Carmit, come riporta il New York Times, ha detto questo durante un evento di commemorazione delle vittime: «Ci siamo dimostrati eccellenti nell’eliminare i nostri nemici ma incapaci di salvare i nostri cari».

Delle 251 persone rapite da Hamas il 7 ottobre 2023, 97 sono ancora tenute prigioniere, nessuno sa in quali condizioni.