Cultura | Cinema
Anche James Bond si è venduto alle multinazionali
Alla fine Jeff Bezos ha avuto quel che ha sempre voluto: in cambio di un miliardo di dollari si è comprato 007 e ora è libero di trasformarlo in un supereroe Amazon.
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La lapide di James Bond eretta dal governo della Isole Faroe, location in cui si è girata la morte dell'agente 007 in "No Time to Die"
007: Endgame, così si dovrebbe chiamare il prossimo film di James Bond. Adesso che Amazon ha acquisito il controllo creativo di 007, l’agente segreto più famoso del mondo rischia infatti di diventare un supereroe qualunque. Un Avenger il cui costume è uno smoking anziché un’armatura iper tecnologica stile Iron Man.
L’acquisizione del controllo creativo da parte di Amazon è un “endgame” (titolo dell’ultimo film degli Avengers, del 2019) perché rappresenta la fine di un’era: quella di un personaggio di finzione di caratura globale non ancora trasformato in una proprietà intellettuale infinitamente spremibile. Le cifre di James Bond erano la tradizione e la rarità. Un film ogni paio d’anni, qualche prodotto collaterale e product placement all’insegna dell’esclusività (Aston Martin, Omega, cravatte Turnbull & Asser, completi Tom Ford). Adesso, Amazon vuole un approccio stile Disney: serie tv in streaming, spin off, vendita massiccia di merchandise, magari facilitata dall’essere parte della stessa azienda del negozio online per antonomasia. Del resto, Jeff Bezos, a proposito delle sinergie tra le produzioni targate Prime Video e le vendite su Amazon, ha dichiarato che «ogni Golden Globe vinto ci fa vendere più scarpe».
Un’azienda a conduzione familiare
La proprietà intellettuale di James Bond era stata salvaguardata nel corso dei decenni dalla famiglia Broccoli tramite la casa di produzione cinematografica Eon, fondata nel 1961 principalmente per produrre i film di 007, personaggio nato dalla penna di Ian Fleming pochi anni prima, nel 1953. Si mormora che Albert “Chubby” Broccoli, patron di Eon morto nel 1996, abbia detto «se facessi le calze di Bond, sarebbe la fine». La veridicità della citazione è dibattuta ma quel che è certo è che tra calze e scarpe l’endgame di 007 potrebbe essere vicino.
Non è che i Broccoli siano stati dei francescani scalzi, custodi del fuoco sacro del vangelo bondiano. Nel corso degli anni 007 è stato usato per sfornare merchandise di ogni genere (calze incluse). Sono stati prodotti vari adattamenti videoludici, sovente non eccelsi (almeno uno, però, GoldenEye 007, del 1997, è un capolavoro). Persino molti film, specie quelli del periodo in cui l’attore Pierce Brosnan vestiva i panni dell’agente segreto, furono e sono tuttora considerati prodotti cinematografici mediocri. E negli ultimi film con Daniel Craig nei panni del protagonista, tra i migliori dell’intera serie, Bond si era addirittura ridotto a bere Heineken, non certo un brand esclusivo. Infine, Barbara Broccoli e il suo fratellastro Michael G. Wilson, attualmente alle redini di Eon, sembra abbiano instascato un miliardo di dollari per cedere il controllo creativo del personaggio ad Amazon.
È però vero che, fino all’accordo miliardario, i Broccoli avevano mantenuto una vigilanza relativamente ferrea del brand Bond e avevano a lungo resistito alle lusinghe finanziarie di Amazon. Nel 2022, Jeff Bezos aveva acquisito MGM, la casa di distribuzione cinematografica dei film di 007, per più di otto miliardi di Dollari. L’acquisizione aveva dato ad Amazon il 50 per cento del controllo del personaggio di James Bond. Da allora, era iniziato un pressing costante per sfruttare più a fondo il potenziale economico di 007.
Per esempio, una delle idee caldeggiate sembra fosse quella di creare una serie tv spin off con protagonista Moneypenny, la segretaria di M, il capo del servizio segreto britannico MI6 dove lavora James Bond. La Eon non voleva vedere trasformato il personaggio da loro tutelato per decenni in un ennesimo “expanded universe” da spolpare stile Marvel o Star Wars. Esasperata, pare che Barbara Broccoli fosse arrivata a definire gli executive di Amazon dei “cazzo di idioti.” Dei cazzo di idioti che, però, avevano un miliardo di dollari da offrire.
L’ultimo rito collettivo cinematografico
Un paio di aneddoti personali. Il primo: ho visto No Time to Die, l’ultimo film di 007, uscito nel 2021 dopo una serie di ritardi dovuti alla pandemia, in un’anteprima in un cinema di Copenaghen da centinaia di posti. La sala era gremita. Per me, resta l’ultima esperienza cinematografica come rito collettivo: quasi mille persone sedute in silenzio nel buio di un sarcofago gigantesco, con gli occhi incollati allo schermo per due ore e passa. Il secondo aneddoto: è sempre stata una tradizione per la famiglia della mia ragazza andare a vedere insieme l’ultimo film di Bond al cinema. Aveva iniziato il padre negli anni Settanta con la sua famiglia e aveva tramandato l’usanza. Questo per dire che i film di Bond, per quanto a volte non eccelsi, erano l’ultimo baluardo di un modo di vivere le avventure dei propri personaggi preferiti come evento raro e atteso.
Adesso, l’aspettativa è che le avventure del Bond di Amazon diventino come quelle dei supereroi Marvel o dei jedi di Star Wars: un ciclo continuo di intrattenimento algoritmicamente determinato. Un ulteriore esempio della logica culturale esposta da David Foster Wallace nel suo romanzo Infinite Jest pubblicato nel 1996, quasi trent’anni fa. Perché c’è da dire che questo modo di sfruttare le proprietà intellettuali non è certo nuovo.
Modello Disney
È risaputo che il franchise di Star Wars ha fatto più soldi vendendo giocattoli ispirati al film che staccando biglietti del cinema. La cosa fu oggetto di parodia già in Balle spaziali, film commedia di Mel Brooks del 1987. «Mettiamo il titolo del film su ogni cosa. Pubblicità! Promozione! Ecco come questo film farà i veri soldi. “Balle spaziali” – la maglietta; “Balle spaziali” – il libro da colorare; […] “Balle spaziali” – il lanciafiamme! I bambini lo adorano», esclama Yogurt, parodia del maestro Yoda, nel film di Brooks.
Questa logica è stata portata al livello successivo da Disney con l’acquisizione della Marvel (2009) e di Lucasfilm (2012), la casa di produzione di Star Wars. L’idea era quella di massimizzare l’utilità degli asset per incrementare il valore per gli azionisti. Di per sé, non era un’idea affatto stupida. La Marvel da decenni aveva cominciato a costruire un multiverso fumettistico in continua espansione fidelizzando un pubblico di appassionati nerd. Si trattava solo di traslare questo approccio dai fumetti al cinema e alle serie tv. Il nerdismo, da roba per sfigati, diventava un affare mainstream e multi-miliardario. Ma dopo anni di roboanti successi (culminati con gli stratosferici incassi di Avengers: Endgame) l’eccesso di offerta è diventato stucchevole. Si è cominciato a parlare di “franchise burnout”. Serie tv e film Star Wars e Marvel hanno oggi più a che fare con il bisogno di acquisire nuovi target di consumatori che con la voglia di raccontare storie escapiste.
Anche la DC, quelli di Batman, di proprietà di Warner Bros. già dal 1969, ha provato a copiare il modello Marvel ma in modo molto più anarchico e disordinato producendo film infimi (il Suicide Squad del 2016), film belli (il Suicide Squad del 2021) e follie semi-visionarie come le quattro ore in bianco e nero e 4:3 di Justice League: Justice is Gray di Zack Snyder. James Gunn (direttore del secondo Suicide Squad) ha ricevuto il mandato di ricostruire l’universo DC di film e serie TV. Il primo prodotto di questa nuova è la serie animata Creature Commandos, uscita su Max nel dicembre del 2024. Serie degna di nota ma passata relativamente inosservata. I supereroi hanno perso il loro status di icone culturali.
Rimangono, letteralmente, gli ultimi giapponesi. Nintendo, per esempio, è molto conservatrice nel suo approccio allo sfruttamento delle proprietà intellettuali. Dopo essersi scottata con Super Mario Bros. del 1993, un film così brutto da diventare di culto, ha fatto passare trent’anni prima di produrre un nuovo film di Super Mario (uscito nel 2023, ha incassato più di un miliardo di dollari). Adesso ne ha messo in produzione un secondo la cui uscita è prevista per il 2026 e si dice che farà anche un film basato sul videogioco Zelda. Non vogliono però mettere ai lavori forzati i propri personaggi.
L’agente 007 vs Jeff Bezos
Fino all’acquisizione del controllo creativo da parte di Amazon, anche James Bond godeva delle stesse condizioni lavorative. Una missione ogni paio d’anni e il resto del tempo in vacanza. Adesso dovrà farsi almeno qualche doppio turno. Magari le migliori storie di 007 devono ancora essere raccontate. Magari invece saranno come la serie del Signore degli anelli targata Amazon: produzioni gargantuesche ma dimenticabili. Insomma, James Bond si appresta ad affrontare uno dei villain più ostici della sua carriera. È un iper-miliardario che vuole dominare il mondo e anche lo spazio. Il suo nome è Bezos, Jeff Bezos.