L'economia dell'attenzione non lascia scampo: Demna da Gucci è la notizia della settimana, arrendetevi, è inutile che proviate a cercare altro nei vostri feed.
L’acquamazione è la nuova frontiera nel mondo dei funerali ecosostenibili
In epoca di crisi climatica, ogni contributo alla causa della salvezza del genere umano è benaccetto. Anche quello di chi, tecnicamente, al genere umano non appartiene più, cioè i morti. Come riporta il Guardian, anche i cari estinti possono aiutare alla conservazione del sempre più fragile e danneggiato ecosistema terrestre, scegliendo il metodo di sepoltura attualmente considerato il gold standard in termini di ecosostenibilità: l’acquacremazione o, come è stata ribattezzata con un non elegantissimo né rassicurantissimo alias, “bollitura in un sacco”.
Funziona così: il cadavere viene inserito, in posizione distesa, in un apposito macchinario. La macchina viene quindi attivata e procede alla misurazione del peso del corpo e della quantità di acqua e di idrossido di potassio necessari al compimento dell’idrolisi. Dopodiché il corpo viene immesso in questa soluzione di acqua e idrossido, precedentemente portata a una temperatura di 152 gradi centigradi. E a questo punto si lascia che la natura faccia il suo corso: nel giro di un’ora, un’ora e mezza al massimo, la soluzione scioglie i tessuti prima e gli organi. Restano le ossa, che vengono successivamente raccolte, asciugate, sbriciolate, polverizzate e infine messe in un’urna e consegnate ai familiari del defunto. Nel 2022 se ne è parlato molto, dell’acquacremazione, perché fu il metodo di sepoltura scelto dall’arcivescovo Desmond Tutu.
Stando alle stime riportate sempre da Guardian, la pratica dell’acquacremazione porterebbe a un notevole risparmio energetico e a una importante riduzione dell’impronta energetica lasciata dalle pratiche funerarie dell’umanità. La cremazione “classica”, quella fatta con fuoco e fiamme, infatti produce circa 245 kili di emissioni di anidride carbonica. In un anno, per esempio, in un Paese come il Regno Unito, le cremazioni producono la stessa quantità di emissioni prodotte dai sistemi di illuminazione di 65 mila case. Un problema che, a quanto pare, non si porrebbe con la cremazione per mezzo dell’acqua. È probabile, dunque forse persino auspicabile, che nei prossimi mesi e anni vedremo un aumento nelle nostre città degli acquatori, come hanno cominciato a chiamarsi le strutture che, già negli Stati Uniti, in Canada e in Sudafrica, forniscono questo servizio.