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È uscito un nuovo bellissimo libro che riproduce il manoscritto di A sangue freddo
«No, non uso una macchina da scrivere. Non all’inizio. Scrivo la mia prima versione a mano, con la matita. Poi faccio una revisione completa, anche quella a mano. Essenzialmente mi considero uno scrittore di stile, e gli scrittori di stile possono diventare ossessionati dal posizionamento di una virgola, dal peso di un punto e virgola. Ossessioni di questo tipo, e il tempo che ci perdo, mi irritano oltre ogni sopportazione», aveva raccontato Truman Capote a Pati Hill in un’intervista pubblicata su The Paris Review nel 1957 (The Art of Fiction numero 17). Sappiamo anche che di solito preferiva scrivere sulle pagine di destra dei suoi quaderni: una volta raggiunta l’ultima pagina, capovolgeva il quaderno per continuare la storia.
Truman Capote è sempre rimasto fedele al suo metodo manuale, anche nei cinque anni di lavoro che hanno portato alla stesura di quello che ancora oggi è considerato il capolavoro della non-fiction, A sangue freddo, e che oggi per la prima volta viene pubblicato nella sua forma originale, in un prezioso libro (costa 230 dollari) che riproduce una selezione dei quaderni e delle carte di Truman Capote conservate alla Library of Congress di Washington DC e alla New York Public Library. In occasione della pubblicazione, Literary Hub ha pubblicato parte della bella introduzione del co-curatore Ebs Burnough (autore e regista del documentario The Capote Tapes del 2021, vicepresidente del consiglio del Sundance Institute) che ripercorre la genesi del libro e anche le sue oscure ripercussioni sulla salute mentale dell’autore.
Il lungo processo che portò alla pubblicazione di A sangue freddo iniziò nel novembre del 1959 quando, sfogliando il New York Times, Capote rimase colpito da un trafiletto di cronaca nera che parlava dell’omicidio di un agricoltore del Kansas, ucciso senza alcun apparente motivo di notte, in casa sua, insieme a sua moglie e ai suoi due figli, una ragazza di 16 anni e un ragazzo di 15 anni. Lo scrittore decise di recarsi sul luogo del crimine insieme alla sua amica Harper Lee per scrivere un articolo, senza immaginare che si stava imbarcando in un’impresa artistica, professionale, personale che sarebbe durata diversi anni e avrebbe cambiato la sua vita. Giunto alla fine della storia, sia nella realtà che sulla pagina, ovvero l’esecuzione dei due assassini nell’aprile del 1965, a cui Capote assistette, lo scrittore aveva accumulato una massa enorme di taccuini, fogli di appunti, documenti ufficiali, schizzi, disegni e scambi di lettere con diversi corrispondenti tra cui Perry Smith, uno dei due condannati a morte di cui assistette all’esecuzione, con cui aveva costruito suo malgrado un legame molto intenso. Un viaggio dietro le quinte della scrittura del romanzo che segue la sua struttura cronologica in quattro parti, dal primissimo paragrafo che conquistò i lettori del New Yorker, passando per la confessione di Perry Smith durante l’arresto fino all’ultima scena nel cimitero di Holcomb con l’ispettore Alvin Dewey. La calligrafia di Truman Capote è ordinata e precisa, di facile lettura, e la bozza inclusa nel libro è simile ma diversa dalla versione finale, in cui sono presenti ulteriori modifiche stilistiche e alcuni passaggi sono stati riscritti.