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A Different Man, il film A24 appena presentato al Sundance, è l’Elephant Man della nostra generazione

22 Gennaio 2024

Parlando del film, The Hollywood Reporter ha citato il famoso episodio di The Twilight Zone, dal titolo “Eye of the Beholder”, in cui gli esseri umani si rivelano essere dei freak emarginati della società. Rivelando una trama contorta, oscura e anche comica che fa pensare al recente Sick of Myself, A Different Man, appena presentato al Sundance, racconta la storia di un aspirante attore affetto da neurofibromatosi che riesce miracolosamente a guarire, per poi ritrovarsi a desiderare la vita che aveva prima, quando il suo viso era ancora deforme, perché un ruolo teatrale basato sulla sua vita viene assegnato a un altro attore.

A interpretare la prima versione del protagonista è l’attore e attivista britannico realmente affetto da neurofibromatosi Adam Pearson, già protagonista di Chained for Life, sempre diretto da Aaron Schimberg (2019), e già visto anche in Under The Skin di Jonathan Glazer del 2013. Nel cast ci sono anche Renate Reinsve (The Worst Person in the World) e Sebastian Stan (conosciuto soprattutto per la sua interpretazione di Winter Soldier/Bucky Barnes nel Marvel Cinematic Universe), doverosamente truccato per ricreare un effetto simile a quello della malattia finché, guarendo, non rivela il suo vero volto.

Secondo quanto si evince dalle prime recensioni, A Different Man è prima di tutto un film molto divertente. IndieWire l’ha definito un thriller «brillante e spassosissimo» e anche Variety ha elogiato il suo «oscuro senso dell’umorismo», raccontando come durante la proiezione il pubblico del Sundance sia rimasto rapito dagli sviluppi della «sceneggiatura tortuosa», da una scena di sesso «strana e kinky» che ha fatto «dimenare le persone sulle poltroncine» e anche un po’ di «gore» che ha provocato «urla tra il pubblico». Ma questo è quello che si legge nell’articolo sulla reazione delle persone sala: qui trovate la vera recensione (anche qui viene citata Twilight Zone), in cui si sottolinea come il film, pur facendo molto ridere, sollevi importanti domande sul rapporto tra identità e rappresentazione e sull’apparenza.

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