Una conversazione libera tra due Millennial su matrimonio gay, diritti acquisiti e diritti da conquistare, vite da privilegiati e vittimismo social, militanze vecchie e nuove e prospettive per il futuro.
Come il critico del New York Times decide cosa leggere

Pamela Paul del New York Times è una delle figure più influenti nel mondo letterario americano: è responsabile della sezione libri del quotidiano newyorchese, inoltre è editor della New York Times Book Review, il supplemento settimanale dedicato alle recensioni e al settore dell’editoria. Insomma, quello che legge, e come deciderlo di leggerlo, ha una rilevanza non da poco. Paul ha pubblicato di recente un memoir intitolato My Life With Bob, dove “Bob” è il soprannome dato alla pila dei libri da leggere, e per promuoverlo ha rilasciato un’intervista a Vox in cui discute proprio di come sceglie i libri da leggere.

Contemporaneamente, però, Paul ammette che, in quanto book editor del Nyt, ha delle responsabilità che le impongono di avere il polso dello spirito dei tempi: «Un romanzo recente che parla di argomento che è di rilevanza globale è Exit West di Mohsin Hamid, che parla di rifugiati. Ovviamente, è un tema in ogni Paese, e penso che le sue parole siano davvero belle, in quel libro. Le persone stanno riscoprendo in massa anche libri vecchi che parlano di totalitarismo, fascismo e oppressione, specie negli Usa. 1984, per esempio, Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt e Brave New World di Aldous Huxley: sono questi i libri per cui ho notato un’attenzione».