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Il New Yorker ha appena recensito Lessico famigliare di Natalia Ginzburg

22 Giugno 2017

Il New Yorker ha pubblicato una recensione entusiasta di Lessico famigliare. Il celebre romanzo di Natalia Ginzburg, che è uscito in Italia nel 1963 e ha vinto il premio Strega, è stato tradotto per la prima volta in inglese nel 1967. Però in America è uscita di recente una nuova traduzione, di Jenny McPhee, pubblicata dalla New York Review of Books nella sua collana “Classics”.

Family_Lexicon_1024x1024È a questa nuova traduzione che la recensione di Cynthia Zarin si riferisce. Il titolo dell’articolo “Hiding in Plain Sight: Natalia Ginzburg’s Masterpiece” allude sia alla vicenda della scrittrice torinese, che si è nascosta “in piena vista” andando a vivere in campagna coi figli e assumendo il cognome materno (che era cattolico), sia al fatto che, per il pubblico americano, il suo capolavoro è sempre stato lì, ma in un certo senso è rimasto nascosto.

«La scrittrice americana Grace Paley diceva spesso ai suoi studenti che ogni storia è in realtà due storie: quella in superficie e quella che scorre sotto. Il climax è quando le due storie s’incontrano. Per Ginzburg, la seconda storia che sottolinea la prima è il lato oscuro della storia: il ruolo che la sua famiglia ha svolto nel movimento anti-fascista in Italia e il fato delle persone a loro care durante l’occupazione tedesca», scrive Zarin, notando che l’uccisione del marito della scrittrice, Leone Ginzburg, è appena accennata.

«La cosa migliore che si può dire di questo libro è che è un capolavoro», prosegue l’autrice della recensione. «C’è qualcosa di Beckett nella prosa di Ginzburg; e qualcosa di Chekhov, che ammirava molto; e qualcosa delle ultime opere di Shakespeare, dove la tragedia spesso avviene fuori dal palcoscenico. È uno dei misteri della vita che quello che rende le tragedie sia sopportabili, sia insopportabili è la stessa cosa: che la vita va avanti».

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