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Cosa dice il New Yorker di Mia madre di Moretti

29 Agosto 2016

Domenica 28 agosto, il New Yorker, per mano di Richard Brody, critico di punta della rivista, ha fatto uscire una accurata analisi dell’ultimo film di Nanni Moretti, Mia madre, uscito in questi giorni nelle sale americane, definendolo sin dal titolo del pezzo, «una metamorfosi cinematica».  La recensione, molto positiva, indugia soprattutto sulle motivazione psicologiche e biografiche che legano il regista al film.

Secondo Brody, ogni volta che dei registi realizzano dei film sul fare cinema, l’opera risulta a loro vicina più da un punto di vista biografico, e in questo senso Mia madre sembrerebbe proprio uno sforzo da parte di Moretti di «cogliere il motivo del suo fare arte»: nonostante la sua capacità di essere una commedia brillante attraversata da toni drammatici, si tratta soprattutto di un «film personale».

La vita di Margherita, protagonista del film, viene riempita di «ricordi, fantasie e riflessioni», grazie all’abilità del regista nel muoversi «con grazia dentro e fuori la cornice del tempo e dello spazio». Per tutto il film vengono sparsi, come briciole di saggezza, «indizi e pensieri sull’inseparabilità tra le azioni artistiche e personali, sulla permeabilità tra lavoro artistico e problemi personali, sull’influenza tra immaginazione e identità».

La conclusione del critico del New Yorker è che «di tutti i film di Moretti, ”Mia Madre” è uno dei più elegantemente ironici, profondamente sentiti e dall’immaginario più complesso». 

 In testata: Nanni Moretti al Festival del cinema di Cannes (Pascal Le Segretain/Getty Images).
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