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Esiste in psichiatria la tristezza estiva

21 Luglio 2016

L’appetito cala, prendere sonno diventa un po’ più difficile, poi c’è quello spleen, non proprio depressione, ma un misto tra noia ed ansia: la tristezza estiva è un disordine affettivo stagionale che colpisce circa l’un per cento della popolazione mondiale. Noto anche come “summer blues”, è meno diffuso rispetto alle alterazioni dell’umore associate all’inverno, che invece interessano circa il cinque per cento delle persone. Secondo il neuropsichiatra Norman Rosenthal, che studia questo argomento da trent’anni, la causa potrebbe essere un problema dei neuro-trasmettitori: probabilmente si tratta dei neuro-trasmettitori associati alla luce o al calore, ha detto lo scienziato in una recente intervista a Quartz.

Il fenomeno della tristezza estiva è stato studiato come un disturbo a sé stante soltanto negli ultimi decenni, ma la documentazione medica è di gran lunga più antica. Tra i primi a notarne l’esistenza fu il neurologo francese Jules Baillarger. Nel 1854 infatti il medico riportò il caso di un paziente di ottimo umore nei mesi invernali ma «diventa depresso quando si alza la temperatura, si sente abbandonato dalle forze e tenta il suicidio».

Depressione estiva

I cosiddetti disordini affettivo-stagionali, talvolta abbreviati in Sad (seasonal affective disorder), sono stati identificati per la prima volta nel 1987 dallo psichiatra americano Thomas A. Wehr. In un primo momento erano trattati come un unico disturbo dell’umore, indipendentemente dal fatto che si verificassero nei mesi caldi o nei mesi freddi. Soltanto nei primi anni Novanta poi gli studiosi hanno cominciato a esaminare i “summer blues” e la depressione invernale come due disturbi separati.

Lo spleen estivo e lo spleen invernale, infatti, oltre ad avere incidenze diverse hanno anche sintomi differenti. Il primo causa l’insonnia e la perdita d’appetito. Mentre, al contrario, il secondo provoca una tendenza a dormire troppo a lungo e a mangiare troppo.

Uno shooting per i costumi  di Teddy Tinling, circa 1955 (Hulton Archive/Getty Images)
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