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Dopo 24 anni di attesa, sta per uscire un nuovo album dei Pulp Si intitola More, arriverà il 6 giugno e il primo singolo, "Spike Island", è già disponibile.
Spike Lee ha dovuto annunciare da solo la sua partecipazione a Cannes perché a Cannes si sono dimenticati di lui Nella categoria Fuori Concorso con il suo film Highest 2 Lowest, remake di un film di Akira Kurosawa.
È stato introdotto un codice Ateco per la prostituzione e sta già facendo discutere E l'Istat è dovuta intervenire per chiarire che il codice 96.99.92 non significa che la prostituzione in Italia sia stata legalizzata.
I film selezionati al Festival di Cannes di cui parleremo tutti Oggi è stata annunciata la selezione ufficiale dell'edizione 2025 e la macchina dell'hype si è già messa in moto.
Nella nuova edizione Adelphi, Lamento di Portnoy di Philip Roth si chiamerà soltanto Portnoy Dal 20 maggio, Roth entra a far parte del catalogo Adelphi con un nuovo titolo e una nuova traduzione, curata da Matteo Codignola.
Adolescence tornerà con una seconda stagione La Plan B Entertainment, società di Brad Pitt che ha prodotto la prima stagione, ha confermato che si sta già lavorando sulla prossima.
Il Gruppo Prada ha acquisito Versace da Capri Holdings L'operazione da 1,2 miliardi di euro riporterà la proprietà dello storico marchio in Italia.
Il ritorno molto atteso dei Cani è arrivato a sorpresa Si intitola post mortem il nuovo album di Niccolò Contessa, uscito ben nove anni dopo il precedente Aurora.

Dare un nome alle emozioni che non conosciamo

16 Giugno 2016

Dare un nome alle emozioni che tutti proviamo, ma di cui molti di noi non sanno neppure l’esistenza: in questo consiste il progetto della psicologa Tiffany Watt Smith. Ricercatrice presso il Centro per la storia delle emozioni umane all’università Queen Mary di Londra, Watt Smith ha appena pubblicato per l’editore Little, Brown and Company il volume The Book of Human Emotions, un compendio di 154 emozioni che include qualche termine già decisamente noto (come “anxiety”, ansia, e “claustrophobia”, claustrofobia) insieme a molte parole più sconosciute e/o prese in prestito da lingue straniere.

«È un’idea diffusa che, quando si dà un nome a un sentimento, questo può rendere quella sensazione meno travolgente», ha detto la studiosa, intervistata dal blog “Science of Us” del magazine New York. «Tutta quella roba che ti frastorna e che ti fa stare male può diventare un poco più gestibile quando gli dai un nome», ha spiegato. Ecco alcuni dei termini inclusi nel suo libro e riportati da “Science of Us”.

emozioni

Amae: è una parola giapponese che significa «appoggiarsi sulla buona fede di un’altra persona». Nelle parole dello psicanalista nipponico Takeo Doi è «l’emozione di chi dà per scontato l’amore del prossimo». Quel non mettere in dubbio i sentimenti altrui che in alcuni casi può fare maturare un rapporto, ma che in altri casi può spingere a comportamenti egoisti.

L’appel du vide, ovvero il “richiamo del vuoto”: è un’espressione francese che indica quella strana sensazione di chi avverte per esempio il desiderio di saltare sui binari mentre sta aspettando la metropolitana, senza per questo desiderare morire o tanto meno suicidarsi. È una cosa che capita ad alcune persone, peraltro studiata in questi anni, e che non ha nulla a che vedere con la depressione, ma che somiglia piuttosto a una specie di vertigine. Ne aveva scritto anche Jean-Paul Sartre, definendola «una sensazione snervante di non potersi fidare del proprio istinto».

Awumbuk: è il termine con cui in nativi della Papuasia descrivevano quel senso di vuoto che si prova talvolta dopo una cena o una festa quando gli ospiti se ne sono andati. Non c’è bisogno di essere un nativo della Papuasia per avere familiarità con questa sensazione.

Depaysement: in inglese non esiste un equivalente dell’italiano spaesamento. L’autrice del saggio prova a spiegare questa sensazione ricorrendo al termine francese.

Kaukokaipuu: è una parola finlandese che indica una nostalgia per un posto dove in realtà non si è mai stati.

Malu: è un termine indonesiano che indica «la sensazione improvvisa di sentirsi inferiore oppure a disagio quando ci si trova davanti a persone di uno stato sociale più elevato».

Pronoia: è invece un neologismo coniato da alcuni psicologi in tempi recenti. Come suggerisce il nome, è il contrario della paranoia: anziché persone erroneamente convinte che tutti stiano tramando contro di loro, c’è anche chi è convinto (altrettanto erroneamente) che tutti vogliano aiutarlo.

Nell’immagine: una metropolitana di New York, 2008 (EMMANUEL DUNAND/AFP/Getty Images)
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