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Il capitale di Matilde

Una conversazione con Matilde Gioli, che ne Il capitale umano di Paolo Virzì interpreta Serena. Nella vita reale, invece, ha iniziato a recitare per pagarsi le multe.

28 Gennaio 2014

Avviso ai gentili lettori: questa è un’intervista di parte. Spudoratamente di parte. Lo è da sempre, lo è da prima. Dal 6 dicembre, giorno in cui ho visto Il capitale umano di Paolo Virzì, ottimo film di ottima scrittura ottimamente diretto e recitato (in Italia oggigiorno ha del miracoloso), giorno in cui io e i pochi presenti non sapevamo che avremmo scoperto lei. Matilde Gioli, anni 24, nel film Serena, la figlia del brianzolo con ansie da parvenu Fabrizio Bentivoglio che si fidanza col figlio dello squaletto della finanza Fabrizio Gifuni. Di mezzo ci si mette un incidente, che il film – a sua volta ispirato al romanzo omonimo di Stephen Amidon – usa come pretesto per parlare di padri e figli, corruzioni del costume e dell’anima, post-capitalismi e neo-romanticismi (smetto subito di scrivere come un critico del giornalino del liceo).

Mattia Carzaniga: Lo dico anche a te: è un’intervista di parte.
Matilde Gioli: Grazie, troppo buono.

Non sono il solo. Chiunque, commentando il film, non può non citarti.
È un’esperienza nuova, non so che sviluppi prenderà, e io tendo al pragmatismo: è andata bene una volta, ma potrebbe pure finire tra un mese. E poi non so se è quello che voglio in questo momento, fare l’attrice non era in cima alla lista delle mie aspirazioni: se continuasse, dovrei fare delle scelte, rinunciare a molto di quello che sto facendo ora.

Ovvero?
Mi sono laureata in filosofia, ho appena iniziato i due anni di specializzazione: filosofia della scienza. Mi affascinano i temi della neuroscienza, ma capisci che ci vuole tempo, e io ne perdo già troppo di mio, figurati se mi metto a recitare.

Vorrai farmi credere che sei stata mandata al provino a tua insaputa, come le Miss Italia iscritte al concorso dalle amiche.
È vero, però. È stata mia madre a vedere su un semaforo un annuncio, peraltro per comparse. “Vai, così finalmente puoi pagarti le multe arretrate”.

Che i laureati in filosofia possano fare qualunque cosa è un mito, allora.
Più che altro con le ripetizioni agli studenti del liceo non ti ci paghi tante multe. Per questo, quando mi è stata offerta una parte da protagonista, ad entusiasmarmi, da ignorante, è stata la possibilità immediata di guadagno. Poi vedere la gente lavorare sul set, Virzì soprattutto, ti apre un mondo che non conoscevi, di colpo ti appassiona.

Le critiche più dannose per il film…
… sono quelle dei brianzoli.

No. Sono brianzolo, e i leghisti hanno poco di che lamentarsi: confermo che i consiglieri padani sono più o meno come appaiono nella scena della riunione con Valeria Bruni Tedeschi. Le peggiori sono quelle dei critici, spesso con più di un capello bianco, che colpevolizzano la troppa fiducia di Virzì nei giovani. Perché alla fine sono loro – il tuo personaggio compreso – a uscirne meglio.
Credo sia esattamente il punto a cui Paolo voleva arrivare: contestare un modello generazionale che ha penalizzato chi è venuto dopo. I ventenni che, anche solo per motivi anagrafici, conservano la genuinità di chi non si è mai sporcato le mani.

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È il solito paese per vecchi, insomma.
È l’Italia, la conosciamo, ma in pochi la raccontano così. Una critica del genere, da parte di chi non ha più la possibilità di cambiare le cose, è il minimo che potesse toccare al film.

Moriremo precari o le cose possono cambiare?
Le condizioni politiche ed economiche sono scoraggianti, ma ho speranza. Nei miei coetanei c’è una fiamma accesa, la gente che conosco io non è quella che vedo rappresentata sui giornali.

O gli “sdraiati” di Michele Serra.
Esatto. Ma non l’ho letto.

La rivincita della tua generazione sta in Matteo Renzi?
Chissà. Purtroppo le dinamiche della politica mi sembrano sempre oscure, anche se spesso è tutto tristemente molto chiaro. Non mi sbilancio, un po’ perché non voglio dire cagate, un po’ perché le mie idee preferisco tenerle per me.

Diranno che voi ventenni siete tutti grillini.
Alla rivolta di pancia credo ancora meno. Nel Movimento 5 Stelle vedo persone anche capaci, ma mi sembra poco credibile politicamente quello che stanno facendo in Parlamento. Credo in una rivoluzione dell’umanità, se mi permetti questo slancio da utopista, un raccoglimento collettivo che metta insieme chi in questi anni ha militato e chi come me ha osservato da lontano. Poi, è vero, dovrei essere la prima a fare qualcosa, a scendere in piazza, e ammetto che invece mi faccio prendere dalla pigrizia.

Parliamo di cose serie: sei un clone di Angelina Jolie (per me quella, giovanissima, del purtroppo dimenticato Scherzi del cuore) e fai pure Gioli di cognome.
In realtà sarei Lojacono, Gioli è il cognome di mia madre. È stato Virzì a suggerirmi di usare quello, quando ha saputo che è toscano.

Come i registi e i produttori di una volta, che sceglievano il nome delle loro attrici.
In fondo è andata un po’ così. Ma mi fa tenerezza farmi chiamare come mamma, oltre a costituire una forma di autodifesa: Matilde Gioli non sono io, è l’alter-ego con cui ho iniziato a fare questo gioco.

Non mi hai risposto sulla Jolie.
Giuro che non lo vedo, non ho mai fatto un fotoconfronto. Ma me lo dicono, e ringrazio: dopotutto, è una figa.

Cose random. Che mi dici della Grande bellezza?
Che mi aveva lasciato qualche dubbio a visione ancora fresca, e poi ripensandoci l’ho trovato un grande film. Sarà che sto cominciando ora a frequentare Roma, fino a oggi era un posto pressoché sconosciuto.

Ultimo film visto.
Stanotte: Gli stagisti, con Owen Wilson e Vince Vaughn. Ho riso come una pazza.

Bene, così bilanciamo le neuroscienze. Ultimo libro letto.
Sto leggendo I burattini filosofi di Marco Antonio Bazzocchi: Pasolini dalla letteratura al cinema.

Fai ancora in tempo a riscattarti: meglio Kant o le sfilate di Parigi, dove sei appena andata come ospite di Valentino?
Tutte e due: a cena con i due direttori creativi ci siamo messi a parlare di estetica, citando pure la Critica del giudizio.

Hai vinto. Chiudo con un appello. Visto che sei la più bella sorpresa degli ultimi anni, puoi pensarci tu a salvare il cinema italiano?
Ci provo, promesso.

Nella foto: Matilde Gioli in una scena de Il capitale umano.
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