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Autori famosi che parlano del simbolismo nelle loro opere


Nel 1963 Bruce McAllister, allora sedicenne, si trovò alle prese con un compito in classe di inglese particolarmente ostico: si trattava di imparare a riconoscere i simbolismi degli scrittori che lui e i suoi compagni stavano studiando. Probabilmente scoraggiato dal tedio della mole di lavoro, il ragazzino decise di risalire alla fonte del problema: optò per redigere un breve questionario di quattro domande da inviare agli autori, per chiedere direttamente a loro di spiegare le proprie opere.
Spedì la sua lettera di richiesta d’aiuto a 150 scrittori. Ecco le domande e alcune delle risposte provenienti da romanzieri oggi considerati colonne portanti della storia della letteratura mondiale, tratte dalla Paris Review.
1) «Pensa e inserisce consapevolmente, in modo intenzionale, simbolismi nelle sue opere? Se sì, per piacere, elenchi il metodo che usa. Crede che sia il suo subconscio a inserire simbolismo nei suoi lavori?»;
Jack Kerouac: «No».
Isaac Asimov: «Consapevolmente? Cielo, no! Inconsapevolmente? Come si fa a non farlo?»
Ray Bradbury: «No, non metto mai volutamente simbolismo nelle mie opere. Sarebbe un sintomo di disagio, ed essere a disagio è controproducente per ogni atto creativo. Meglio lasciare che sia il subconscio a fare il lavoro al posto tuo e farti da parte. Il miglior simbolismo è sempre imprevisto e naturale».
2) «I lettori desumono mai che esista un simbolismo in sue opere che nei piani iniziali non avrebbero dovuto averne? Se sì, cosa ne pensa di questo tipo di deduzione?»;
Saul Bellow: «Eccome se lo fanno. Andare a caccia di simboli è una pratica assurda».
John Updike: «Ogni tanto – di solito non si accorgono dei simboli presenti nel testo».
Joseph Heller: «Capita spesso, e in ogni caso ci sono buone ragioni per arrivare a queste conclusioni. La mia reazione è spesso scocciata. A volte spiritosa. A volte anche piacevole, il che significa che la mente del lettore ha collaborato in modo creativo con ciò che ho scritto».
3) «Crede che i grandi scrittori di classici abbiano inserito volutamente del simbolismo nelle loro opere? O che sia successo inconsciamente?»;
John Updike: «Alcuni lo fecero (Joyce, Dante) più di altri (Omero), ma è impossibile pensare a un importante lavoro di narrativa senza una sorta di dimensione simbolica».
Ray Bradbury: «Questa è una ricerca che devi fare da solo».
Jack Kerouac: «Lascia perdere – ci sono diversi generi di “classici” – Sterne non usò alcun simbolismo, Joyce sì».
4) «Ha qualcosa da commentare riguardo alla materia in oggetto, o qualcosa che crede sia pertinente con questi studi?»
Jack Kerouac: «Il simbolismo è perfetto per la fiction, ma io scrivo storie vere sulla vita di persone che conoscevo».
John Updike: «Sarebbe meglio che facessi le tue riflessioni personali su questa questione».
Iris Murdoch: «C’è molto più simbolismo nella vita quotidiana di quanto alcuni critici letterari sembrano capire».