Depression Quest, Braid e altri titoli ancora hanno cercato di rivoluzionare l’industria dei videogiochi con prodotti provocatori e artistici. Ma si può parlare di controcultura in una delle più floride industrie dell’intrattenimento globale?
Secondo Craig Mazin, uno che conosce bene l’influenza dei videogiochi sull’industria dell’intrattenimento essendo lo showrunner della serie tv basata su The Last of Us, l’imminente GTA VI sarebbe destinato a competere con la Bibbia in termini di vendite globali. Si tratta chiaramente di una sparata, una che però poggia su un fondo di verità: le 210 milioni di copie vendute dal 2013 dall’ultimo capitolo dell’epica criminale sviluppata da Rockstar. Eppure nel discorso sui numeri nel mondo dei videogiochi c’è spesso un grande assente, non tanto per mancanza di considerazione, quanto per il motivo opposto, perché si tratta di un gioco così grande da essere ormai un’industria nell’industria: Minecraft.
Meglio di Super Mario Bros.
Per capire l’ordine di grandezza, può essere utile qualche dato relativo al film di Minecraft, nelle sale in questi giorni e stroncato quasi all’unanimità dalla critica: 157 milioni di dollari incassati in Usa nel primo weekend, 301 a livello globale, primo posto per distacco al botteghino in Italia con poco più di 5 milioni e titolo di miglior esordio per un film ispirato a un videogioco strappato senza sforzi a Super Mario Bros. Ma per decifrare la portata del fenomeno Minecraft è necessario partire da più lontano.
In principio Markus “Notch” Persson creò i cubi. E fu subito un successo. La prima versione di Minecraft vede la luce nel 2009, è un alpha, una versione preliminare piuttosto grezza ed è opera di un singolo sviluppatore svedese che ci sta lavorando nel suo tempo libero. Il concept iniziale è la definizione da manuale di sandbox (termine che viene utilizzato per descrivere giochi in cui all’utente vengono consegnati strumenti e spazi per usarli senza particolari vincoli): all’avvio di ogni partita Minecraft genera un universo casuale composto da blocchi di diversi materiale che l’utente può raccogliere (mining) e combinare tra loro (crafting) per creare strumenti, edifici o qualunque altra cosa gli passi per la testa. Non c’è un fine, né una fine, è una scatola di Lego digitali elevata all’ennesima potenza. Nei primi mesi lo sviluppo è frenetico.
In breve i forum (ormai archeologia internettiana) si riempiono di riproduzioni di complesse strutture reali e i video su YouTube spopolano. Minecraft evolve e si espande, ascoltando le richieste dei giocatori spesso poste direttamente a Persson nelle sessioni di AKA su Reddit o nei commenti sotto i tutorial che lui stesso realizza. Si può sostenere che il primo prodotto di Minecraft sia stato il suo stesso creatore, in effetti.
Un videogioco che costa 2,5 miliardi di dollari
Ma nel 2011 però qualcosa tra Notch e il suo Minecraft si rompe. Nel 2011, dopo la pubblicazione della versione 1.0 del gioco, Persson fa un passo indietro dallo sviluppo cedendo il controllo creativo a Jens Bergensten. Rimane socio di Mojang, la società fondata nel 2009 insieme a Jakob Porsér e Carl Manneh proprio per gestire Minecraft. Nel 2014, dopo aver fieramente rifiutato numerose offerte, vende Mojang a Microsoft per la sconvolgente somma di 2,5 MILIARDI di dollari. «Sono diventato un simbolo. Non voglio essere un simbolo»: di Notch resterà questa frase e la paternità del gioco più venduto di sempre. Nei mesi e anni successivi si lamenterà della vacuità della fama e della solitudine con cui deve fare i conti un miliardario, prima di tornare alla programmazione, dedicandosi a piccoli concept game con la promessa di abbandonarli qualora dovessero riscuotere successo.
Nel frattempo, Minecraft al momento della transazione miliardaria con Microsoft era già diventato un fenomeno culturale. Al di là dell’inevitabile pioggia di cloni e variazioni sul tema fiorite nei primi tempi (tra cui spiccano Terraria e Roblox), l’influenza di Minecraft sui videogiochi successivi è inquantificabile, tali e tanti sarebbero i titoli da citare per definire la portata di un’onda che ha reso minining e crafting due tra le meccaniche più popolari e diffuse dell’industria. Ma l’impatto più forte avuto da Minecraft è stato quello sui creatori di contenuti video, e attraverso questi, sulla cultura popolare.
Come racconta Minecraft. The story of Mojang, documentario pubblicato nel 2012, le vendite di Minecraft sono passate da una quarantina a decine di migliaia al giorno nell’arco di poche settimane, senza che la neonata società si fosse dotata di un ufficio stampa. Il principale canale del successo di Minecraft è stato YouTube: in questo bisogna riconoscere un ruolo fondamentale allo stesso Persson, pioniere dei videotutorial nati per spiegare le meccaniche di gioco ai pochi utenti iniziali e divenuti un genere a se. Nel tempo, i video a tema Minecraft sono diventati un genere nel palinsesto dello streaming, tanti creator hanno basato intere carriere sul sandbox di Mojang.
Per esempio, RTGame, famoso per gli esperimenti sociali o la ricostruzione in scala 1:4.000 della Terra durante il Covid. Oggi Minecraft è il gioco più visualizzato di sempre su YouTube, con oltre mille miliardi di view, più di 35 mila creator provenienti da centinaia di Paesi nel mondo dediti alla causa. E al profitto: Minecraft sostiene quella che può essere definita un’economia parallela, la cui estensione spazia dai profitti dei content creator alle migliaia di articoli di merchandise prodotti ogni giorno fino alle guide cartacee in edicola, ormai la sola (o quasi) forma di rivista di videogiochi sopravvissuta al Terzo millennio.
Il mondo intero dentro Minecraft
Nel frattempo, Minecraft è uscito da YouTube conquistando gli altri media: la testimonianza più incisiva della sua pervasività si ritrova nell’animazioni per adulti, dalla couch gag dei Simpsons a cubetti all’episodio di South Park in cui i genitori sviluppano una dipendenza, senza dimenticare le avventure di Rick & Morty nate durante il cazzeggio su Minecraft. Le ramificazioni dell’impatto che il gioco di Mojang ha avuto sul mondo in cui viviamo oggi si estendono però ben oltre i territori battuti dal videogioco. Reporter senza frontiere ha costruito una dentro Minecraft la Uncensored Library, un biblioteca che contiene tutti i libri censurati in Messico, Russia, Vietnam, Arabia Saudita, Egitto, Brasile, Bielorussa, Iran ed Eritrea (ogni Paese ha un’ala della libreria dedicata). Il Vaticano ha costruito una riproduzione della Basilica di San Pietro dentro Minecraft, un gioco nel gioco intitolato Peter is Here. È stato realizzato in collaborazione con il Microsoft’s Minecraft Education programme, ramo d’azienda che si occupa dell’impiego di Minecraft a fini d’istruzione.
La sua natura di sandbox, infatti, lo ha reso in breve un potente e versatile strumento, utilizzato soprattutto nei Paesi in via di sviluppo per finalità diverse da quelle per cui è stato concepito. Se oggi la rilevanza didattica di Minecraft è indiscutibile, con centinaia di esempi sparsi per il globo di applicazioni pratiche finalizzate all’insegnamento di matematica, scienze, storia e altre discipline, l’utilizzo più naturale – in un certo senso – resta quello nel campo architettonico dove può sostituire strumenti più costosi e difficili da padroneggiare: in alcuni contesti Minecraft è stato utilizzato per coinvolgere comunità interessate da progetti di riqualificazione urbana.
Minecraft and chill
Al di là delle applicazioni specifiche, l’impatto culturale di Minecraft è trasversale e quotidiano mentre la memeficazione dei suoi simboli ha infine travolto il concetto stesso di Minecraft, divenuto un codice per il chill: per questa ragione i mondi a cubetti sono lo sfondo ideale utilizzato dai creatori di contenuti video per rilassare e agganciare il proprio pubblico a prescindere dall’argomento trattato. Il percorso che ha portato Minecraft da una cameretta svedese alla fama planetaria passa senza dubbio attraverso i meme e la sua natura di parco giochi per content creator, ma non si possono escludere dall’equazione le sue caratteristiche intrinseche: creatività senza confini, adattabilità, semplicità e la capacità mantenere intatta la propria rilevanza negli anni.
Volendo però scavare alla radice di ciò che ha reso Minecraft prima un fenomeno culturale e poi un elemento quotidiano nella vita di miliardi di persone, si arriva alla sua natura rassicurante e innocua. Non è più percepito come un videogioco, con tutte le connotazioni negative che si sono affastellate su questo termine nel tempo, ma come un passatempo stimolante. È questa concezione è condivisa da tutte le fasce sociali, incluse le élite più snob e genitori delle ZTL che vogliono crescere i figli in campane di vetro. Al di là dell’enorme potenziale in termini di innovazione, della capacità di creare community, del suo essere uno spazio sicuro, addirittura un metaverso ante-litteram dai tempi del Covid, al trionfo inatteso di Minecraft ha contribuito la possibilità di usarlo come video-passatempo per i bambini senza rimorsi di coscienza per gli adulti. Una possibilità, lo sappiamo, sempre più difficile da trovare nel mondo digitale.