Tutti i modi in cui l’Ozempic sta cambiando il mondo

La semagludite è una rivoluzione per l’industria alimentare e farmaceutica. Ma cosa succede alla considerazione che abbiamo del nostro corpo?

19 Marzo 2025

Una sera mia figlia di tre anni si piazza davanti allo specchio e dice: “Le mie cosce cicciotte”, allarmata intervengo subito: “Beh, belle no?”, lei mi guarda come se la risposta fosse ovvia e poi urla SÌ, e inizia a canticchiare cicciotte! cicciotte!, ammirandosi. Non lo sa ancora che tra pochi anni le parole cicciona, grassa, chiatta, obesa saranno lo spauracchio delle sue giornate, forse i peggiori insulti che le potrebbero piovere addosso, perché in fondo se sei brutta non è colpa tua ma se sei grassa sì: è il peccato più grave, perché non hai abbastanza forza di volontà per sfiancarti in diete e rinunce pur di entrare nell’Olimpo della bellezza, e quindi meriti pienamente di esserne tenuta fuori.

In principio fu Kim Kardashian

L’equazione grassezza = colpa è radicata – già nel 1987 Harper’s Bazaar scriveva che essere grassi era «un crimine» e «una deformità» – e una manciata d’anni di “body positivity” non è riuscita a spazzarla via e far accettare, anzi desiderare, corpi curvilinei, morbidi, cellulitosi, imprevedibili. Anzi è bastato poco per far dimenticare il corpo ideale degli anni Dieci, quello di J Lo, di Beyoncé e soprattutto di Kim Kardashian – grandi tette, vita stretta, fianchi larghi, culo sporgente – che ha cancellato proprio lei con un colpo di spugna. La storia è nota: Kim Kardashian si presentò al Met Gala del 2022 con dieci chili in meno, inguainata in un vestito di Marilyn Monroe, che comunque si scucì tra mille polemiche.

Subito sì iniziò a vociferare che era dimagrita grazie alle iniezioni di semaglutide, un principio attivo che imita un ormone rilasciato dopo i pasti per dare un senso di sazietà e rallentare la velocità con cui lo stomaco si svuota: in breve, fa passare la voglia di mangiare. La semaglutide è alla base di una famiglia di farmaci che chiamiamo comunemente Ozempic, perché l’Ozempic fu il primo messo in commercio, nel 2017 negli Stati Uniti, dall’azienda farmaceutica danese Novo Nordisk. Era pensato per curare il diabete di tipo 2 ma ci si accorse che chi lo prendeva perdeva peso, e così si iniziò a sperimentarlo sui pazienti obesi.

Ozempic e i suoi fratelli

Nel 2021 Novo Nordisk mise in commercio Wegovy, che ha un dosaggio di semaglutide più alto per facilitare la perdita di peso; poco dopo l’azienda statunitense Eli Lilly produsse le sue versioni, il Zepbound per il diabete e il Mounjaro per l’obesità, che hanno un principio attivo diverso, il tirzepatide, ma ottengono risultati simili. Questi farmaci erano pensati per curare le persone obese o in grave sovrappeso sotto controllo medico, ma si sono diffusi rapidamente anche tra chi voleva perdere qualche chilo, tanto che per tutto il 2023 Novo Nordisk avvisò più volte di una possibile carenza di semaglutide per chi ne aveva davvero bisogno. In quell’anno Novo Nordisk divenne la società con il valore in borsa più alto d’Europa. Intanto, non solo le Kardashian ma molte altre celebrity iniziarono a rimpicciolirsi, e persino alcune paladine della body positivity si presentarono smagrite e con la faccia scavata, quella che abbiamo imparato a riconoscere con un colpo d’occhio come Ozempic face.

Secondo gli studi la semaglutide può far perdere senza sforzo fino al 15 per cento del peso corporeo in sedici mesi. Sembrava il farmaco perfetto per quel mondo woke che prometteva una vita più giusta per tutt*, ma ne ha semplicemente scoperchiato l’ipocrisia, rivelandosi lo strumento ideale dell’era della Restaurazione: quella dei ricchi sempre più ricchi, del quiet luxury che abbraccia corpi sempre più sottili e conformi, quello in cui il rosa Barbie è sostituito dal rosa confetto delle “trad wives” (le creator che sui social promuovono uno stile di vita tradizionale, dove la donna sta a casa con i figli e si occupa esclusivamente della casa) e dove le minigonne sono indossate da mogli-oggetto che stanno sempre al proprio posto, come abbiamo visto nei festeggiamenti per l’inizio della presidenza Trump.

La magrezza è per chi se la può permettere

Come ha scritto Jia Tolentino sul New Yorker, anziché aprire un dibattito su cosa significhi davvero essere grassi – una condizione che non ha nulla a che fare con la morale e che può essere risolta con un’iniezione, così come la salute mentale può essere migliorata dagli psicofarmaci –  l’Ozempic ha invece riacceso l’ossessione della magrezza. Così negli Stati Uniti ha aumentato il divario, già molto marcato, tra ricchi, bianchi e magri contro poveri, grassi, neri, latini e asiatici: là da sempre la magrezza è un privilegio di chi ha il tempo di fare sport e i soldi per mangiare sano, e ora lo sarà ancora di più visto che l’Ozempic è caro, costa mille dollari al mese, e non è rimborsato dallo Stato.

È un divario che in Italia si vede meno ma che comunque esiste, e che potrebbe allargarsi man mano che si diffonde la semaglutide: da noi infatti il Wegovy è legale dallo scorso luglio e il Mounjaro da ottobre. Intanto, lontano dagli eccessi delle celebrity, online ci sono sempre più persone che raccontano la propria trasformazione, non solo esteriore. Molte parlano con stupore della mancanza di fame e di pensieri legati al cibo (il cosiddetto food noise), un’esperienza che non avevano mai provato. Un utente del forum Lose the Fat ha scritto di aver finalmente capito perché i magri siano convinti che i grassi non abbiano forza di volontà: «È il loro cervello a dirgli di smettere di mangiare: non immaginavo funzionasse così».

La medicina per tutti i mali

L’Ozempic sembra smorzare anche altri desideri: chi lo prende ha generalmente meno voglia di fumare, bere alcolici e impegnarsi in altre attività compulsive, shopping incluso; è meno attratto da cibi grassi e processati e ha più voglia di fare sport. Sono già in corso studi per capire se possa essere usato contro le dipendenze, comprese le sostanze stupefacenti: il mondo sotto Ozempic sembra la scena finale di Mad Men dove Don Draper medita finalmente sereno con la camicia bianca sbottonata. L’Ozempic prospetta altre rivoluzioni: dell’industria alimentare, perché si mangerà meno e più salutare; di quella farmaceutica perché saranno ridotte le complicazioni legate al grave sovrappeso e all’obesità; dell’abbigliamento per la richiesta di taglie più piccole e l’abbondanza di taglie forti sul mercato del second-hand. Ci sarebbero conseguenze incoraggianti anche sull’ambiente: se si mangerà meno si sprecherà meno e si ridurranno le emissioni serra legate all’allevamento e alla coltivazione di mangime, mentre la compagnia aerea United Airlines ha detto che potrebbe risparmiare ogni anno 80 milioni di dollari di carburante se ogni passeggero pesasse 4,5 chili di media in meno.

Degli effetti collaterali e a lungo termine si parla un po’ meno, anche perché ancora non si conoscono: come ha scritto il New York Times siamo tutti dentro un grande esperimento. Quelli più affascinanti riguardano le nostre menti: cosa vuol dire sentirsi sbagliati e respingenti per anni e poi ritrovarsi, nel giro di pochi mesi, in un corpo non più respingente ma desiderabile? È più facile da immaginare guardando le foto del prima-e-dopo delle persone che l’hanno provato, come per esempio Silvia Tucci, una delle prime in Italia a raccontare online la sua esperienza con la semaglutide: i video di lei obesa con il figlio piccolo in braccio lasciano spazio ad altri in cui, con 20 chili in meno, chiacchiera sicura di sé mentre si trucca.

Il nostro corpo che cambia

Di recente il New York Times ha pubblicato un pezzo su come l’Ozempic influisca sulle relazioni, a partire dalla storia di una coppia che non fa più sesso da dieci mesi, dal giorno stesso in cui lei ha iniziato la cura. Non per un calo di desiderio legato al farmaco – anzi alcuni studi farebbero pensare che il desiderio sessuale è aumentato dalla semaglutide – e non solo perché lui desiderava quel corpo morbido e accogliente ma perché ritrovarsi con un corpo diverso ci cambia da dentro. L’articolo racconta che molte persone compensavano la grassezza con un atteggiamento docile e accomodante per farsi accettare ma, una volta riscoperto il potere del corpo, cambiano atteggiamento; altre si sentono finalmente attraenti e scaricano il vecchio partner per trovarne di nuovi all’altezza. Non è un modo per demonizzare l’Ozempic – anzi anche questa potrebbe essere una forma di liberazione – ma per chiederci cosa voglia dire “essere veramente te stesso”, visto che bastano a volte anche pochi chili per stravolgerci. Infine l’Ozempic potrebbe aprire una nuova frontiera: in un mondo ideale in cui chi vorrà essere magro potrà farlo con un’iniezione o una semplice pillola, in cui la grassezza sarà slegata dal merito, quale sarà la nostra nuova idea di bellezza?

Questo articolo è tratto dal numero dal nuovo numero di Rivista Studio, “Ultracorpi“. Puoi acquistarne una copia in edicola, nelle librerie selezionate oppure qui, sul nostro store.

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