Cultura | Libri
Dieci libri insoliti per l’estate
I nostri consigli di lettura per le vacanze, che non vi aspettereste tra i classici del genere.

Esistono libri da mare o libri da montagna? Sicuramente ci sono libri che sono tradizionalmente associati alle vacanze, e basta guardare il calendario delle uscite dei diversi editori per capire quali autrici e quali autori vengono considerati più balneari di altri. Noi abbiamo scelto dieci titoli che vi consigliamo di leggere in questo agosto di isole, di fiumi o di città lontane (o vicinissime, e finalmente deserte): sono titoli che in qualche modo hanno un mood vacanziero eppure inaspettato, chicche del passato oppure usciti proprio quest’anno.
Sergio González Rodríguez, Ossa nel deserto (Adelphi)
Traduzione di Gina Maneri e Andrea Mazza
Adelphi ha riportato da pochissimi giorni nei tascabili questo libro, che non è esattamente quello che si intende per “lettura da vacanza”. Riguarda infatti l’impressionante sequenza di delitti avvenuta nella zona di Ciudad Juárez, Messico del nord, tra il 1993 e il 2002, dove più di trecento donne, perlopiù giovani, furono violentate e uccise. La forza del libro, che conquistò anche Roberto Bolaño, ispirando una parte del suo 2666 (“La parte dei delitti”), non risiede però solo nella documentazione di questa vicenda assurda e cupissima e nella conseguente indignazione che suscita. Ossa nel deserto è uno di quei rarissimi esempi in cui il giornalismo investigativo e la letteratura si mischiano confondendosi virtuosamente e componendo davanti agli occhi di chi legge un’opera con la o maiuscola, che è in parte monologo morale, in parte arringa giudiziaria, in parte thriller esotico, in parte ancora romanzo psicogeografico su uno dei luoghi più atroci e affascinanti della Terra. Da leggere se si vuole sprofondare in un buco nero. (Cristiano de Majo)
Ernesto Ferrero, N. (Einaudi)
Come mi capita spesso con le cose che non conosco, ho comprato N. il giorno in cui è morto Ernesto Ferrero. L’ho iniziato altri anni dopo (ecco il senso di comprare libri che non si leggono subito: che ti chiamano, anche a mesi di stanza) e ci ho trovato un mondo meraviglioso. Cesare Garboli, di cui di solito mi fido ciecamente, scrisse di questo romanzo sugli anni elbani di Napoleone: «Garantisce un piacere triforme: la storia, la narrazione, la meditazione». E non c’è recensione migliore: il bibliotecario Martino Acquabona, assegnato ad assistere i piaceri libreschi dell’Imperatore esiliato, si ritrova a portata di mano quel gigante della Storia, ma anche tiranno enigmatico, che ha sempre detestato; lui, con tenera goffaggine, tenta di ricostruire in un’isoletta di campagna una minatura del decaduto impero; intorno si agita una corte variopinta, illusa o cinica. Un romanzo in forma di diario ambientato in una delle isole più belle del mondo (ma come, l’Elba? E certo) sulla testimonianza, l’invecchiamento, e la gloria del mondo che così brevemente passa. (Davide Coppo)
Cristina Domenech, Signore che amavano altre signore tanto tempo fa (Blackie Edizioni)
Traduzione di Chiara Mancini
La notizia è di qualche giorno fa: Julia Fox ha scoperto, o meglio, dichiarato (forse lo sapeva già da tempo), di essere lesbica. Che gioia e che liberazione, dev’essere, per una donna, fare questa scoperta. Un sentimento spesso non condiviso dalla società che la circonda: Signore che amavano altre signore tanto tempo fa di Cristina Domenech raccoglie ventuno ritratti di donne che, quand’era ancora più difficile di oggi, si ribellarono al matrimonio e sfidarono le convenzioni sociali per esprimere la loro sessualità. Si parte dal XVII secolo con Julie d’Aubigny aka La Maupin, mezzosoprano e abilissima spadaccina, e si arriva al XX con Frieda Belinfante, violoncellista e prima donna europea a dirigere un’orchestra (finché l’invasione nazista la costrinse a interrompere la carriera). Ma quello che rende questa raccolta di biografie il mio libro da spiaggia ideale è il tono lieve, freschissimo (senza essere superficiale, anzi: come sottolinea Sara Poma nella prefazione, queste storie sono frutto di un lavoro di ricerca meticoloso) con cui sono raccontate: è un po’ come se fossero dei gossip, che però, nella loro leggerezza, hanno il potere di ispirarci a vivere la nostra vita come cazzissimo ci pare. (Clara Mazzoleni)
Antonio Tabucchi, Notturno indiano (Sellerio)
Ricordi di letture estive molto antiche, di pomeriggi persi tra le pagine, di quando certi libri passavano sulla bocca di tutti e finivano anche involontariamente per incarnare un’epoca. Gli anni ’90, che sono gli anni dei miei primi passi come lettore che cerca di costruirsi un gusto, mi fanno pensare a Manuel Vásquez Montalbán, Robert Pirsig, Banana Yoshimoto, Daniel Pennac e anche, tantissimo, ad Antonio Tabucchi e a questo libro in particolare, anche se il suo romanzo più famoso resta Sostiene Pereira. Notturno indiano è un libro quasi dimenticato, nessuno lo cita, mai sentito qualcuno parlarne come di un’influenza o di un libro fondamentale. Eppure è un libro bellissimo e con le vibrazioni perfette per renderlo un libro da vacanza: il mistero (la ricerca di una persona scomparsa), il viaggio e lo spaesamento (l’India vista soprattutto attraverso le camere d’albergo), le atmosfere borgesiane. Se non l’avete mai letto, vi invidio un po’: vi basta una sera in una camera d’albergo. (Cristiano de Majo)
Natasha Lunn, Conversations On Love (Mondadori)
Traduzione di Alessandra Castellazzi
Sarà perché la mia vita sentimentale è sempre stata difficile e penosa, ma l’amore non è mai stato un argomento di cui leggo volentieri, con un’eccezione, e cioè l’impietoso Donne che amano troppo di Robin Norwood (1985). Non avrei prestato troppa attenzione, quindi, all’edizione italiana di Conversations On Love, finché non ho scoperto che anche l’autrice Natasha Lunn ha un rapporto super problematico con l’amore e che, tra le scrittrici che intervista, c’è anche una delle mie preferite, Lisa Taddeo (a proposito: il suo Tre donne è un altro libro sull’amore splendido e doloroso). A rendere questo libro preziosissimo è la vastità dei tipi di amore che affronta, compreso quello tra genitori e figli, quello tra due amici, l’amore verso se stessi e ricerca della propria identità, il dolore per la perdita di una persona amata e anche la scelta di rimanere soli. L’autrice ne parla con scrittrici ed esperti di psicologia e psicoterapia tra cui Dolly Alderton, Esther Perel, Roxane Gay e Alain de Botton. Una lettura estiva un po’ anomala, per riempire i vuoti di chi magari si ritrova a vivere una vacanza in totale solitudine, circondato da famiglie e coppiette, come mi è successo tantissime volte. (Clara Mazzoleni)
Federica Manzon, Alma (Feltrinelli)
Forse sono io, ma quando penso a un mare in cui passarci l’estate penso al blu profondo tirrenico (va bene, c’è anche la Puglia) delle isola minori e maggiori, alle spiagge torride, agli ombrelloni sparsi e a lunghi pisolini post-prandiali. E invece mi pare che ci ricordiamo poco, in Italia, che c’è tutta un’estate e tutto un Mediterraneo più austero, che è quello carsico, triestino, balcanico. Insomma: un Mediterraneo austroungarico. Alma, di Federica Manzon, candidato al Campiello 2024, oltre a essere un viaggio storico (a tratti violento) e intimo nella vita di una famiglia divisa tra Italia e Jugoslavia, è una cartolina affascinante di geografie marittime ed estive poco “cartolinate”, e forse per questo ancora più affascinanti. La storia delle guerre balcaniche l’avremo forse già letta da più parti, ma Manzon – a partire dalla copertina, va detto – ha un’attenzione per gli spazi e i dettagli ambientali che la tingono di colori originali, forse stranianti per chi come me conosce meno quelle coste, coste di tuffi e di isole ma pur sempre a pochi chilometri da dove i carrarmati seminavano i campi di battaglia. (Davide Coppo)
Stanislaw Lem, Solaris (Sellerio)
Traduzione di Ho sempre sofferto di una leggera forma di talassofobia, che negli ultimi anni si è notevolmente aggravata per colpa (anche) di videogiochi come Dredge e di pagine Instagram come Dangerous North Sea. Cercando di risalire alle origini di questa paura sono arrivato fino all’estate della mia primissima adolescenza in cui lessi per la prima volta Solaris di Stanislaw Lem, libro che mi ha ammaliato e terrorizzato come nessun altro, tanto che per me è diventato una tradizione estiva: lo rileggo ogni anno ma solo in spiaggia, sdraiato sul telo che sistemo sempre a distanza di sicurezza dall’acqua. Questa distanza tra me e il mare si è aperta, ora lo so, nel momento in cui ho letto per la prima volta Solaris: una parte della mia mente mi ricorda sempre che è meglio stare pronti all’eventualità in cui dall’acqua comincino a emergere quelle spaventose e magnificenti architetture che il mare di Solaris era in grado di erigere in un attimo e distruggere l’attimo dopo. Per la stessa ragione non nuoto mai troppo lontano dalla riva, figuriamoci se vado in mare aperto: non voglio assolutamente ritrovarmi nella situazione dei tre malcapitati scienziati ai quali Lem inflisse alcune delle più atroci torture psicologiche della storia della letteratura. Questa mia paura, come tutte le paure, ovviamente è diventata causa ed effetto di se stessa: il risultato della talassofobia è che ogni estate passo una buona parte delle mie ferie a rileggere Solaris. E ogni estate la distanza tra me e il mare aumenta ancora un po’. (Francesco Gerardi)
Peter Cameron, Quella sera dorata (Adelphi)
Traduzione di Alberto RossattiCi sono due o tre sensazioni che personalmente lego all’estate. Una di queste è sicuramente la rarefazione. Prende accezioni più o meno piacevoli a seconda del periodo e del dove ci si trova ma quella sensazione di caldo, di afa, di tremolio dell’aria in un certo senso contagia i pensieri e talvolta lo stato d’animo. Leggere dunque Quella sera dorata di Peter Cameron in questo periodo dell’anno amplifica e rende ancora più tangibile questa sensazione rarefatta che a sua volta permea l’intero romanzo. Dà in un certo senso la possibilità di vivere più da vicino quella luce, quella natura rigogliosa, un serpeggiante mistero (che estate è senza di esso, senza un giallo tra le mani?) fatto delle storie dei protagonisti ma anche dal racconto stesso, che sembra confondere realismo e sogno, presente e un fiabesco passato dove tutto sembra essere lecito, soprattutto dimenticare perché ci si trova lì, in Uruguay per Omar, il protagonista, ma magari per me, per chi legge, è su uno scoglio, a guardare il mare, infinito, dopo essersi addormentati mentre si teneva tra le mani questo libro. (Teresa Bellemo)
Walter Siti, I figli sono finiti (Rizzoli)
I figli sono finiti andrebbe letto per tante ragioni: per la ricercatezza (quasi la vanità) della sua lingua, per il modo a momenti fanciullesco (talvolta puerile) con il quale Walter Siti si diverte a provocare, per il calore con il quale difende tratti umani – la misantropia, il cinismo, l’arrendevolezza – ormai universalmente condannati, per la maniera con la quale il confronto generazionale viene mostrato come misurazione dell’altezza del cumulo di macerie più grosso. E queste sono le ragioni per la quali tutti dovrebbero leggere questo libro. Poi ci sono le ragioni per le quali io lo consiglio, e cioè: I figli sono finiti è un romanzo che può fare del bene al mondo perché può convincere le persone – almeno, le persone come me – che le vacanze possono essere un pericolo mortale, un’arma letale che la volontà della Terra impiega per vendicarsi degli esseri umani. Entrambe le disgrazie che distruggono l’esistenza del deuteragonista Augusto accadono d’estate e accadono in vacanza, una alle Maldive e l’altra in Grecia. Se Augusto se ne fosse rimasto a casa, in città, nel suo bell’appartamento milanese, la sua vita sarebbe stata quella che tutto sommato voleva. La prima disgrazia è la morte del marito di Augusto, Enzo, annegato in una scena che colpisce per brevità, rudezza ed essenzialità, soprattutto in un romanzo in cui Siti applica invece uno strato di grasso in più su tutto (psicologie, dialoghi, etc.). Ovviamente, se avete paura del mare questa scena vi terrorizzerà. È l’altro libro che porterò in spiaggia quest’estate, nel caso in cui Solaris, giunto all’ennesima rilettura, avesse perso un po’ del suo effetto di cautionary tale e mi venisse in mente che forse questo è l’anno buono per provare ad accorciare un po’ la distanza tra me e il mare. (Francesco Gerardi)
Lisa Morpurgo, Introduzione all’astrologia (Tea)
Potrebbe sembrare un po’ bizzarra l’idea di mettersi a studiare d’estate. Potrebbe sembra un po’ bizzarra visto che studiare destate è una di quelle cose che non si vorrebbe fare mai più. Invece, così come per certi classici piuttosto voluminosi, leggere saggi o approfondire quello che per tutto l’anno rimane in superficie è una cosa a cui non riesco a resistere. Per questo, qualche estate fa ho preso coraggio e ho portato questo libro, questo manuale, con me in vacanza in Grecia. Avevo pensato che se per i restanti mesi cercavo di decifrare ciò che mi accadeva intorno e quello che mi poteva forse accadere nel futuro attraverso gli oroscopi, avrei dovuto immergermi in una lettura più ricca e approfondita di quelle stelle e pianeti che in quella parte di Europa mi sembrava di vedere ancora più nitidi e vicini. Introduzione all’astrologia di Lisa Morpurgo è un mondo, una specie di nuovo sistema metrico per l’interpretazione di sè e del reale. Lo ammetto, è anche complesso e forse troppo impegnativo per una lettura estiva (seppur con matita e taccuino) ma di certo appassionante. Come la vita dell’autrice, traduttrice, femminista e infine astrologa, oggetto infatti di una certo più agile biografia uscita da poco per Giulio Perrone Editore, a firma di Melissa Panarello. (Teresa Bellemo)