Attualità | Stati Uniti
L’effetto di Jill Biden sulla copertina di Vogue
Dopo la pessima performance del marito nel dibattito televisivo contro Trump, la foto della First Lady ha acceso altre polemiche: c'è chi dice che sta cercando di salvare la campagna elettorale di Joe e chi la accusa di aver peggiorato la situazione.

Il primo dibattito presidenziale è stato un disastro, Joe Biden è apparso ben più vecchio – ha 81 anni – del suo avversario Donald J. Trump, che ne ha soli tre di meno. Un disastro tale che dentro al Partito democratico si parla di rimpiazzare il Presidente all’ultimo momento, in piena campagna elettorale, mossa impensabile fino a poche settimane fa. A cercare di tranquillizzare tutti c’è la moglie, che negli ultimi anni ha sempre negato i problemi neurologici del marito, che si è spesa tantissimo per mostrare che Biden era perfetto per tornare alla Casa Bianca, anche se è più vecchio di Stati americani come Alaska e Hawaii, e che lui è l’unico che può fermare il populismo alt right. La First Lady presenzia a qualsiasi evento e comizio, presentata come “doctor Jill Biden”, perché ha un dottorato (in education, diverso da un Ph.D., ottenuto a 55 anni, dopo una carriera nell’insegnamento), tenendogli il braccio. Se Joe non si ritira, dicono persone vicine al Potus, è perché Jill non vuole. La sera dopo la débâcle di Atlanta, Jill aveva addosso un vestito con la parola “Vota!” e gli ha fatto i complimenti, «ieri sera sei stato bravissimo, hai risposto a tutto», come la maestra con lo scolaretto.
Con un timing perfetto, è stata svelata la cover di Vogue di agosto. Programmata da tempo, sulla copertina c’è proprio Jill, la seconda moglie di Joe, che ha sempre rappresentato la figura di conforto anche per le disgrazie del Presidente: la prima moglie morta in un incidente d’auto quando lui era appena diventato senatore, nel ’72, insieme alla figlia di un anno, poi il figlio grande, il prescelto per la carriera politica, morto di cancro, e infine Hunter, il secondogenito tossico che finito il crack si pippava il parmigiano.
È la terza volta di Jill sulla copertina di Vogue (la seconda insieme alla nipote, in una cover digitale). Possiamo usare le edicole come strumento per osservare i cambiamenti di umore ed entusiasmo intorno al Presidente. Nella copertina del 2021 con un abito floreale, Jill sorrideva davanti all’obiettivo di Annie Leibovitz sul balcone della Casa Bianca, posa rilassata, il verde primaverile sullo sfondo, un sorrisone accogliente. Era da poco diventata First Lady, si usciva dai quattro anni bui della presidenza Trump. In quella di quest’anno invece, con le braccia dritte lungo i fianchi, Jill è statuaria, marmorea, quasi militaresca, in un vestito Ralph Lauren bianco con bavero da frac, su uno sfondo neutro. Un non luogo. Una posa da assetto di guerra. Fotografata da Norman Jean Roy, Jill guarda verso il vuoto, forse verso l’avvenire, forse verso l’apocalisse. Forse si prepara per la battaglia. E infatti nell’intervista la First Lady parla della durezza delle campagne elettorali, e di quanto sia necessario non mollare mai, perché se torna Trump è la fine della democrazia, dice che «non lasceremo che quei novanta minuti (il dibattito) definiscano i quattro anni di presidenza. Continueremo a lottare». Dai fiori alla guerra.


Svelata la cover, i repubblicani e i commentatori di Fox News hanno subito attaccato la rivista dicendo “ma come, Melania Trump non ha mai ottenuto una copertina mentre era alla Casa Bianca, eppure è una ex modella! Parla cinque lingue!”. Ma si sa, Anna Wintour è un’amica dei Biden, un’alleata chiave nel mondo dell’alta moda, che ha da sempre organizzato cene di fundraising per politici dem durante le fashion week, che ha donato direttamente ai Clinton e agli Obama. Alle elezioni del 2020, senza girarci intorno, scrisse sulla sua rivista: Biden «ha moltissime delle qualità che oggi mancano disperatamente a Washington in questo momento: decenza, onore, compassione, fiducia e, soprattutto, esperienza». Wintour detesta Trump, non l’ha mai nascosto. E anche prima che la destra venisse travolta dal mondo MAGA, Wintour metteva sulle cover Michelle Obama e Hillary Clinton, sia da “moglie di” che da senatrice (ma anche Laura Bush, quando ancora i Repubblicani potevano esser celebrati, prima che arrivassero Steve Bannon, i suprematisti bianchi, gli sciamani del 6 gennaio). E a chi si lamenta dell’assenza di Melania va ricordata una copertina del 2005 in abito da sposa, presentata come “la nuova signora Trump”, senza il suo nome, solo fenomeno gossipparo.
In risposta alla cover di Jill il tabloid di Rupert Murdoch, il New York Post ha fatto una copertina con Joe Biden e la scritta Vague – vago, generico, confuso, prendendo in giro la performance di Atlanta e il modo in cui la moglie lo difende, nonostante tutto. Ma le critiche sono arrivate anche tra gli elettori dem, e tra alcune personalità della stampa anti-trumpiana, che pensano che il tempismo sia sbagliato, e che Jill possa esser vista come una che mette la propria ambizione sopra il benessere della nazione. Alcuni si chiedono se l’influenza di Wintour possa muovere il voto negli Stati chiave, tra le popolazioni rurali della Pennsylvania o il proletariato del Michigan, o se resta una rivista da coffee table delle sciure dell’Upper East Side.