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Il padiglione israeliano alla Biennale di Venezia rimarrà chiuso

16 Aprile 2024

«Mi dispiace, ma credo sia una cosa importante», così l’artista Ruth Patir ha commentato la decisione di tenere chiuso il padiglione israeliano alla Biennale di Venezia fino a quando non ci sarà il cessate il fuoco sulla Striscia di Gaza e Hamas non libererà i 97 ostaggi che tiene ancora prigionieri. In un’intervista concessa al New York Times, Patir ha spiegato che la decisione l’hanno presa lei, i due curatori del padiglione Tamar Margalit e Mira Lapidot, senza informare il governo israeliano. In questo momento, all’ingresso del padiglione è attaccato un foglio A4 con sopra scritto che «The artist and curators of the Israeli pavilion will open the exhibition when a cease-fire and hostage release agreement is reached».

La decisione di Patir, Margalit e Lapidot è l’ultimo capitolo di una discussione che prosegue da mesi. Nello scorso febbraio, migliaia di artisti aveva firmato una lettera aperta in cui si invitava la Biennale a bandire Israele dell’edizione 2024: a detta dei firmatari, qualsiasi altra decisione sarebbe equivalso a «fornire un palcoscenico a uno Stato che pratica l’apartheid e che sta perpetrando un genocidio». La risposta alla lettera era arrivata dal ministero della Cultura italiano: il ministro Sangiuliano aveva ribadito che Israele avrebbe avuto il suo padiglione alla Biennale e che il governo italiano avrebbe garantito la partecipazione israeliana «come quella di tutti i Paesi stranieri riconosciuti dallo Stato italiano».

Per quanto riguarda la partecipazione di artisti palestinesi – non essendo quello palestinese uno Stato riconosciuto dall’Italia, un padiglione dedicato alla Biennale non ci può essere, anche se in passato ci sono stati eventi “collaterali”, come quello organizzato dal Palestine Museum US nel 2022 – anche in questo caso si è deciso di procedere come da programma: il curatore Adriano Pedrosa ha confermato che tra i 331 artisti che parteciperanno alla Biennale di quest’anno ci saranno anche due palestinesi, Dana Awartani, Samia Halaby. Tutto come previsto, insomma. Comprese le polemiche che, ovviamente, sono venute dopo l’annuncio della decisione di Patir, Margalit e Lapidot.

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