È iniziato il processo ai due uomini accusati dell’omicidio di Jam Master Jay dei Run-DMC

31 Gennaio 2024

Lunedì 19 gennaio, come scrive Ian Youngs per Bbc, a New York è cominciato il processo “Il governo degli Stati Uniti d’America contro Karl Jordan Jr. e Ronald Washington”, i due uomini accusati di aver ucciso Jam Master Jay dei Run-DMC nel 2002. Nelle loro arringhe iniziali, i pubblici ministeri newyorchesi hanno spiegato alla giuria che Jordan – figlioccio di Jam Master Jay – e Washington, amico d’infanzia del dj, lo avrebbero ucciso per «avidità e vendetta». Un’esecuzione, questa la parola usata dall’accusa. Jason Mizell, nome di battesimo del fu Run-DMC, è stato ucciso nell’ottobre del 2002 con un colpo di pistola alla testa mentre passeggiava per il Queens.

Secondo la ricostruzione dell’accusa, Mizell era coinvolto nel traffico di stupefacenti da quando i Run-DMC avevano cominciato la loro parabola discendente: i soldi gli servivano per mantenere lo stile di vita al quale lui, familiari e amici si erano abituati nel corso degli anni d’oro del gruppo. Jordan e Washington, all’epoca rispettivamente 18enne e 37enne, si erano convinti che Mizell li avrebbe coinvolti nelle sue attività illecite e che per i loro “servizi” li avrebbe pagati una cifra attorno ai duecentomila dollari. Quando scoprirono che non avrebbero ricevuto nemmeno un dollaro e che non sarebbero stati coinvolti in nessuna attività i due decisero di vendicarsi e di uccidere Mizell. Questa, almeno, la versione dei pubblici ministeri.

Gli avvocati della difesa sostengono invece che i due uomini non hanno avuto nulla a che vedere con la morte di Jam Master Jay. John Diaz, avvocato di Jordan, sostiene che il suo cliente si sia ritrovato sotto accusa a causa di testimonianze fornite da persone inattendibili. Secondo Ezra Miller, avvocato di Washington, la ricostruzione dei fatti dell’accusa è solo una delle tante e il suo cliente non ha «la più pallida idea» di chi sia stato davvero a uccidere Jam Master Jay. Nella sua arringa, Miller ha spiegato che non ci sono prove forensi che colleghino i due accusati alla scena del delitto, e che tutta la teoria del pubblico ministero si basa su «vecchi ricordi». In più, mancherebbe il movente: Washington, all’epoca, soffriva di alcolismo ed era Mizell a prendersi cura di lui, a ospitarlo in casa sua, legato a lui da un’amicizia che proseguiva sin dall’infanzia. «Perché uccidere il tuo benefattore», ha chiesto, alla fine della sua arringa. La risposta l’avremo tra quattro settimane, al termine del processo.
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