Negli Stati Uniti il nuovo film di Ryan Coogler è diventato un caso: un'opera indipendente, un B movie che mescola sesso, musica, horror e vampiri, che sta incassando quanto un blockbuster.
Cosa dicono le prime recensioni della nuova stagione di True Detective
Fino a poco fa, le poche cose che sapevamo dell’attesissima nuova stagione di True Detective, che in Italia arriverà il 15 gennaio su Sky e NOW, erano che sarebbe stata ambientata in Alaska e avrebbe avuto Jodie Foster tra i protagonisti. Sapevamo anche che la regista, sceneggiatrice e produttrice Issa López, avrebbe collegato le avventure personali e lavorative di Liz Danvers (Jodie Foster) ed Evangeline Navarro (Kali Reis) a quelle dei detective Cohle e Hart (Matthew McConaughey e Woody Harrelson), protagonisti della prima stagione diretta da Nic Pizzolatto andata in onda esattamente 10 anni fa. Nella sinossi ufficiale si leggeva che la storia sarebbe iniziata «nel momento in cui la lunga notte invernale scende su Ennis, Alaska, e gli otto uomini che lavorano nella Tsalal Arctic Research Station spariscono senza lasciare traccia. Per risolvere il caso, i detective Liz Danvers (Foster) ed Evangeline Navarro (Reis) dovranno affrontare l’oscurità che si portano dentro e scavare tra le inquietanti verità seppellite sotto i ghiacci perenni». Speravamo quindi di ritrovare l’inquietante mix di true crime e atmosfera soprannaturale che esaltò molti fan ma ne deluse altrettanti (quelli che, come ricorda l’Hollywood Reporter, si aspettavano un finale pieno di goblin, mostri e entità Lovecraftiane, e invece si ritrovarono davanti a un “normalissimo” caso di true crime).
Ora, grazie alle prime recensioni comparse sui media anglosassoni, possiamo capire qualcosa in più: prima di tutto che questa stagione, la quarta, potrebbe finalmente essere al livello della prima, dopo una seconda e una terza decisamente meno convincenti. Come si può intuire dalla recensione super positiva pubblicata dalla Bbc, pare che la serie sia irresistibile già a partire dalla sigla iniziale, sulle note della bellissima “Bury a Friend” di Billie Eilish (proprio come la sigla della prima stagione era già di per se un capolavoro di musica e immagini: se non ve la ricordate potete rispolverarvi la memoria qui). Anche secondo Rolling Stone la serie è un “must-see”, soprattutto grazie alle due protagoniste e al loro rapporto (proprio come tra le cose più affascinanti della prima c’era il rapporto tra Cohle e Hart): «L’energia tra Foster (la cui voce roca e grintosa si adatta perfettamente a un veterano poliziotto antisociale e intransigente) e Reis (un’ex pugile con una presenza scenica da vendere) scintilla per tutto il tempo». Su Consequence si legge: «Night Country vibra ancora con quel senso di ciò che è terrificante e possibile, osservato attraverso gli occhi di due poliziotti che hanno assistito al peggio dell’umanità, talvolta guardandosi allo specchio», e Collider conferma: «Nonostante l’importante interrogativo che si pone, il primissimo episodio di Night Country dovrebbe zittire efficacemente qualsiasi scettico».
Eppure, com’è giusto che sia, gli scettici non mancano: la recensione di Daniel Fienberg pubblicata da Hollywood Reporter, per esempio è tra le poche a sottolineare anche dei difetti – tra cui come alcune parti importanti sembrino troncate, frettolose – ma è anche la più bella e accurata tra quelle lette finora: «Night Country mette da parte il tipico rimuginare maschile di Pizzolatto per una storia al femminile che personalizza e interiorizza la trama tipicamente contorta dell’antologia in un modo spesso potente». Ma anche: «Nonostante tutti i riferimenti e il marchio True Detective, ciò che Night Country finisce per sembrare è The Terror che incontra Mare of Easttown». Oppure: «Girata in Islanda, la serie cattura uno stato d’animo in modo spettacolare, anche se non sempre con freschezza o profondità». Fienberg prova a concludere sottolineando un lato positivo: Night Country potrebbe essere l’unica stagione di True Detective con un finale finalmente riuscito.