Lucky Red, distributore italiano del film, ha deciso di riportarlo in sala in occasione della Festa della Liberazione.
A Parigi quest’anno si terrà la mostra definitiva sull’impressionismo
Quello che è successo all’impressionismo è uno dei massimi esempi del triste destino che il più delle volte colpisce le avanguardie e i movimenti underground: nato come movimento artistico radicale, scandaloso e sperimentale, oggi l’impressionismo è diventato il soggetto tipico della mostra blockbuster da visitare con la famiglia la domenica pomeriggio, mostra che solitamente riunisce una serie di ciofeche intorno a un paio di opere significative, con infinite variazioni sul tema “Gli impressionisti e…” (da Gli impressionisti e la neve a Gli impressionisti e il Giappone). Ora, 150 anni dopo la famosa mostra che scioccò il mondo dell’arte parigino, una grande mostra al Musée D’Orsay dal titolo Paris 1874: Inventing Impressionism, si impegnerà finalmente a restituire al movimento il suo carattere originario.
Inventing Impressionism sarà un’ottima occasione per ragionare sul rapporto tra la pittura impressionista e la fotografia (cercando spunti per gestire la versione contemporanea di questa querelle: quella tra l’intelligenza artificiale e le immagini autoriali): non è un caso che la prima mostra dell’impressionismo sia stata ospitata nello studio di un pioniere della fotografia, il fotografo e caricaturista Nadar, pseudonimo di Gaspard-Félix Tournachon. Come ricorda il Guardian, la mostra inaugurò il 15 aprile 1874 e comprendeva opere respinte dalla giuria dell’annuale Salon dell’Académie des Beaux-Arts che si teneva al Louvre, dove venivano esposti esclusivamente dipinti allineati alla tradizione e al gusto comune del tempo. Tra i pittori esclusi dal Salon e “salvati” da Nadar c’erano Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Camille Pissarro, Alfred Sisley, Paul Cézanne e Berthe Morisot. Quella che si studia sui libri di storia dell’arte, la prima mostra dell’impressionismo, fu un flop totale e non ebbe alcun successo, né di critica né di pubblico.
A quei tempi il termine “impressionista” era addirittura un insulto: l’aveva coniato il brillantissimo giornalista parigino Louis Leroy criticando un’opera di Monet (che si chiamava appunto “Impression, Soleil Levant”) e giudicandola “incompiuta”: da quel momento dire che un ‘opera era “impressionista” significava dire che era abbozzata, difettosa, incompleta. Come tutti sappiamo, oggi “Impression, Soleil Levant” è giustamente considerata come uno dei più grandi capolavori di Monet. E così, quest’anno, dal 26 marzo al 14 luglio, il Museo che ospita la più grande collezione al mondo di capolavori impressionisti e postimpressionisti ripercorre l’evento che ha segnato l’avvento delle avanguardie. Per non deludere il grande pubblico, ovviamente, non mancherà l’esperienza immersiva: per la prima volta, i visitatori potranno servirsi della realtà virtuale per compiere un viaggio (della durata di ben 45 minuti) all’interno della mostra del 1874.

Subito dopo la vittoria dell'Akatugawa Prize, il Premio Strega giapponese, la giovane autrice Rie Qudan ha detto di essersi fatta aiutare dall'AI per scrivere il romanzo. E di essersi trovata benissimo.