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Una ricerca dice che lo stato di salute della Terra non è mai stato così grave
Un gruppo di scienziati provenienti da diversi Paesi del mondo ha recentemente diffuso i risultati di una ricerca sullo stato di salute del pianeta. Anche a essere ottimisti, la prognosi è riservata, tendente allo sfavorevole: di 35 segni vitali usati per misurare le condizioni del pianeta, 20 sono motivo di estremo e immediato allarme. Come scrive Damian Carrington sul Guardian, a leggere i risultati della ricerca si capisce che «la vita sul pianeta è in pericolo». Indicatori come le emissioni di gas serra, le temperature medie globali delle acque e dell’aria, l’innalzamento del livello del mare, l’estensione dei ghiacci antartici, l’aumento della popolazione umana e dei capi di bestiame necessari a sostenere le attività e l’alimentazione umana hanno tutti quanti registrato, nell’ultimo anno, record negativi. Un esempio su tutti: nello scorso giugno la temperatura della superficie terrestre ha toccato vette mai registrate da che questo dato viene registrato e, secondo le più accreditate ipotesi scientifiche, si è trattato del mese più caldo degli ultimi centomila anni.
Ai risultati apocalittici di questa ricerca hanno contribuito anche catastrofi naturali – nelle quali però c’è quasi sempre un consistente contributo umano – come gli immensi incendi che hanno devastato il Canada negli scorsi mesi. Per farsi un’idea: il fuoco che ha bruciato amplissime parti delle foreste canadesi ha prodotto un miliardo di tonnellate di CO2, l’equivalente delle emissioni prodotte dal Giappone in un anno intero. E, ovviamente, le conseguenze della crisi climatica sono le morti di migliaia di esseri umani: nelle inondazioni in Cina, India e Libia, per esempio. A causa delle ondate di calore intensissime che si sono registrate in diverse zone degli Stati Uniti. O per colpa delle fortissime tempeste che hanno colpito molti Paesi dell’Europa mediterranea tra la primavera e l’estate.
La ricerca di questi scienziati si conclude come si concludono tutte queste ricerche: con un avvertimento che ricorda che così non possiamo andare avanti. A metà settembre, con ancora tre mesi e mezzo prima della fine del 2023, si sono già registrati 38 giorni con una temperatura media di un grado e mezzo più alta di quelle registrate in media a livello globale in epoca pre-industriale. Il 50 per cento dell’inquinamento atmosferico mondiale è frutto delle attività di appena il 10 per cento degli inquinatori. Le soluzioni, anche queste restano sempre le stesse: ridurre il più possibile e il più in fretta possibile la nostra dipendenza dai carburanti fossili, proteggere le foreste ancora esistenti, diminuire il consumo di carne in modo da diminuire l’impatto degli allevamenti animali sull’ecosistema, promuovere trattati di cooperazione internazionale che favoriscano l’uso di energie rinnovabili fino a eventualmente sostituire quello di carbone, petrolio e gas.