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Per la prima volta si può vedere la versione originale del dipinto censurato di Artemisia Gentileschi
Come ha raccontato ArtNews, finalmente potremo vedere la versione originale del dipinto “Allegoria dell’Inclinazione” di Artemisia Gentileschi dopo che fu censurato per la sua nudità più di 300 anni fa. La pittrice di scuola caravaggesca venne incaricata da Michelangelo Buonarroti il Giovane, nipote del maestro rinascimentale, nel 1618 di contribuire con un’opera a Casa Buonarroti. Il ritratto del nudo femminile con in mano un compasso fu installato sul soffitto del palazzo di Firenze, prima commissione di Gentileschi in città. Nel 1684, però, il pronipote di Michelangelo, Leonardo da Buonarroto, decise che l’opera era troppo nuda, quindi scandalosa, e commissionò a Baldassarre Franceschini detto il Volterrano di aggiungere drappeggi trasparenti e veli blu all’opera «per preservare la modestia delle donne abitanti della casa».
Ora, dopo più di 300 anni, la composizione originale è stata rivelata grazie al progetto Artemisia UpClose, durato un anno, che ha utilizzato la tecnologia di imaging digitale e altri strumenti scientifici per studiare il dipinto e restaurarlo. «La possibilità di “svelare” questa figura virtualmente, rivelando l’immagine originariamente dipinta da Artemisia, ha trasformato un restauro “ordinario” in una ricerca per scoprire la donna dietro i veli», ha detto in una nota il co-fondatore di Calliope Arts Wayne McArdle. La fondazione no-profit con sede a Londra e Firenze ha co-sponsorizzato il progetto Artemisia UpClose in collaborazione con il collezionista d’arte e filantropo inglese Christian Levett.

I motivi per cui è stato deciso di eliminare lo strato virtualmente e non fisicamente sono due: «In primo luogo, la rimozione degli spessi strati di pittura ad olio applicati dal Volterrano meno di cinquant’anni dopo l’originale potrebbe mettere a rischio i delicati smalti di Artemisia appena sotto la sovraverniciatura», ha spiegato in una nota la capo conservatrice Elizabeth Wicks. «In secondo luogo, i veli furono applicati da un importante artista del tardo barocco e ora fanno parte della storia del dipinto». Gli scienziati del restauro hanno rivisto il dipinto a livello nanometrico, utilizzando un riflettografo per osservare i pentimenti di Gentileschi, ovvero i punti in cui l’artista ha cambiato idea, e una radiografia per scrutare attraverso il pigmento che ricopre le cosce della figura. L’analisi chimica ha mostrato anche come Gentileschi usasse con parsimonia il pigmento di lapislazzuli.
Il lavoro di restauro ha rivelato l’ombelico della figura, che prima non era visibile, così come un’impronta digitale sul polpaccio della figura. «L’impronta digitale è stata fatta quando la vernice originale era bagnata, ed è molto probabile che sia della stessa Artemisia», ha detto Wicks, che è stata la prima a scoprirla. L’opera è la protagonista della mostra a Firenze, “Artemisia nel Museo di Michelangelo“, fino all’8 gennaio a Casa Buonarroti. Il progetto è anche oggetto di un nuovo libro in lingua inglese pubblicato da Florentine Press, una serie di pubblicazioni in italiano dal titolo “Buonarrotiana” (2023) e un ciclo di conferenze. Un’occasione preziosa per approfondire l’opera e la vita di una grandissima artista di cui, perlomeno nei libri di storia dell’arte, si è sempre parlato troppo poco.