L'economia dell'attenzione non lascia scampo: Demna da Gucci è la notizia della settimana, arrendetevi, è inutile che proviate a cercare altro nei vostri feed.
Internet è impazzita per lo Star Wars di Wes Anderson generato dall’AI
Come successo qualche settimana fa con l’immagine del Papa a passeggio per le strade di Roma con addosso un Moncler bianco, nello scorso weekend abbiamo avuto un’altra prova della sempre più inquietante capacità delle intelligenze artificiali di ingannare l’occhio umano. Stavolta si è trattato di un finto trailer cinematografico generato inserendo il prompt di comando “Film di Star Wars nello stile di Wes Anderson”. Risultato: un video di circa un minuto che ridisegna la galassia lontana lontana di George Lucas con le composizioni geometriche e i colori pastello di Anderson. Come tutti i contenuti virali di questa epoca, anche questo è cominciato su TikTok: come riporta The AV Club, infatti, l’idea del finto trailer viene da un recente trend in cui creator e utenti immaginano le loro vite quotidiane come fossero scene di un film di Anderson.
La paura dell’obsolescenza imposta dalle macchine non è soltanto di registi, attori e sceneggiatori di Hollywood, però. Da quando abbiamo scoperto Midjourney, ChatGPT e simili, praticamente tutti i settori dell’economia mondiale hanno cominciato a preoccuparsi delle conseguenze portate da queste nuove tecnologie. Ci sono stati siti e giornali che hanno cominciato a pubblicare articoli scritti interamente dalle AI, mandando nel panico i giornalisti. Negli scorsi giorni una canzone intitolata “Heart On My Sleeve” ha dimostrato quanto sia facile per una AI scrivere un testo identico a quelli di The Weeknd e imitare la voce di Drake, gettando nello sconforto quasi tutti i musicisti contemporanei (l’unica entusiasta della novità è stata Grimes, che ha invitato chi lo volesse a generare canzoni usando la sua voce, in un tentativo di «distruggere finalmente la proprietà intellettuale»). L’ultimo a unirsi alle schiere degli apocalittici è stato Geoffrey Hinton, considerato “il padrino dell’AI”: al New York Times Hinton ha raccontato di essersi dimesso da Google perché preoccupato dallo sviluppo senza sosta e senza limiti di questa tecnologia che lui stesso ha contribuito a costruire («La mia unica consolazione è che se non lo avessi fatto io, lo avrebbe fatto qualcun altro»). La sua principale preoccupazione? L’idea che presto o tardi internet sarà piena di contenuti generati dalle macchine che sarà impossibile distinguere da quelli di umana produzione. E, di conseguenza, la venuta di un mondo in cui nessuno «sarà più in grado di sapere cosa è vero».