Ancora più dei suoi romanzi precedenti, Vanishing World , appena uscito per Edizioni E/O, sembra scritto da una macchina senza sentimenti che ci mostra tutte le variabili possibili e immaginabili della stupidità umana.
Un libro racconta la storia del poeta che ispirò Delitto e castigo
In The Sinner and the Saint, Kevin Birmingham (già autore di un volume in cui analizzava l’Ulysses di Joyce) racconta le vicende che portarono Dostoevskij a scrivere Delitto e castigo, la cui pubblicazione ha segnato un punto di svolta sia per l’autore che per la storia del romanzo. Come riporta il New York Times, Birmingham analizza la biografia di Fyodor Dostoevsky: «Stava entrando nella fase più bella della sua carriera», scrive infatti riferendosi al periodo de L’idiota, I demoni e I fratelli Karamazov. Secondo Birmingham, Dostoevsky non era un narratore schematico come viene dipinto, di solito partiva invece da frammenti di conversazione, la voce di una persona, un’immagine memorabile: l’intenzione del biografo è quella di mettere il focus sull’ispirazione di Delitto e castigo, il “poeta-assassino” Pierre-François Lacenaire, di cui Dostoevskij venne a conoscenza nel 1861. Famoso per essere un assassino e viveur, dopo un omicidio, racimolato il magro bottino con un suo complice, si regalò una cena e poi uno spettacolo. «Quello è stato un grande giorno per me», ha ricordato in seguito Lacenaire, «ho respirato di nuovo».
Lacenaire era un personaggio alquanto contraddittorio: una strana combinazione di spocchia e dissolutezza, si dice leggesse Il contratto sociale di Rousseau mentre aspettava sul pianerottolo di un appartamento una delle sue vittime. C’è da precisare che Raskol’nikov di Delitto e castigo non è letteralmente Lacenaire, nonostante anch’egli commetta un duplice omicidio e cerchi di convincersi come i proventi possano essere usati per un uso altruistico: dove Lacenaire era freddo e imperturbabile, Raskol’nikov è tormentato e confuso, indeciso tra idee e impulsi.
Birmingham indaga così la vita sorprendente e imprevista di Dostoevskij: dopo il clamore di Povera gente del 1846, fu poi messo alla gogna dalla critica per Il sosia, venne arrestato tre anni dopo per reati politici contro lo stato e quasi ucciso, quindi verrà spedito in Siberia, dove conoscerà la povertà di cui prima aveva solo scritto. Affascinato dagli assassini e dalle loro storie, lo scrittore era ipnotizzato dai loro racconti, sempre in bilico tra il vantarsi e l’impotenza di qualche istante dopo, oscillazione che Dostoevskij conosceva bene. In esilio per una decina d’anni, tornò a San Pietroburgo per scrivere Delitto e castigo, assemblato in condizioni di estrema difficoltà finanziaria, che Birmingham interpreta come se lo scrittore stesse «essenzialmente alzando la posta, corteggiando la rovina totale».

Ancora più dei suoi romanzi precedenti, Vanishing World , appena uscito per Edizioni E/O, sembra scritto da una macchina senza sentimenti che ci mostra tutte le variabili possibili e immaginabili della stupidità umana.