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È morto l’artista francese Christian Boltanski
Ci sono almeno due motivi per cui Christian Boltanski, scomparso a Parigi a 76 anni nella notte del 14 luglio, è stato definito l’artista o l’artigiano della memoria. Il primo risiede nella creazione dei “Les Archives du Coeur”, gli archivi del cuore che Boltanski ha istallato su un’isola chiamata Teshima, nel mare interno del Giappone, in un polo museale che ha origine su un’altra vicina isola, a Naoshima, dove di fronte al mare della spiaggia di Ojigahama Boltanski è possibile mettersi le cuffie e ascoltare il battito cardiaco delle persone registrato per anni, dal 2008, in vari posti del mondo, catalogando scrupolosamente ogni suono effimero e piccolissimo e rendendolo eterno. Il secondo ha a che fare con la sua storia, segnata dall’orrore della Shoah.
Nato a Parigi il 6 settembre 1944, con l’Europa ancora segnata dalla guerra, da padre medico ebreo di origini russe e ucraine (passò il periodo dell’Occupazione nazista in un nascondiglio ricavato nell’appartamento di famiglia) e madre scrittrice di religione cattolica, Boltanski divenne uno dei maggiori artisti francesi contemporanei dopo aver sperimentato, da autodidatta, la pittura, la fotografia, e il cinema con il cortometraggio La vie impossible (1968). La sua, come ricorda anche ArtNews è stata un’arte fatta di combinazione e assemblaggi, attraverso l’uso e l’accumulo di materiali e oggetti diversi e, soprattutto, di stracci e fotografie.
Tra le opere più note, quella realizzata nel 1989 dal titolo “Autel Lycéè Chases”, composta da 38 scatole di biscotti in latta arrugginita e otto lampade collegate da cavi neri e sottili, poi otto riproduzioni fotografiche su lastre di vetro di diverso formato con cui in occasione del Giorno della Memoria (lo scorso 27 gennaio) aveva eretto alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (l’opera era in prestito dal Mart di Rovereto) il suo omaggio all’importanza della memoria. Tra le ultime, invece, l’istallazione del 2007 al Museo per la Memoria di Ustica di Bologna che circonda i resti del DC9 abbattuto il 27 giugno 1980. In quell’occasione, Boltanski aveva rimesso insieme 2 mila frammenti con 81 specchi, 81 voci registrate e 81 lampadine che provano (con un crescere e diminuire d’intensità) a restituire alle 81 vittime un ultimo momento di vita.
Alle opere degli anni Settanta (“Vitrines de référence”, “Boîtes de biscuits”, “Tiroirs”, “L’album de photographies de la famille D. 1939-1964”) fecero seguito installazioni volte a diventare testimonianze di esistenze passate, di assenze e di tracce, come anche “Animitas”, l’installazione che si trova nel giardino del Noguchi Museum di New York dove 180 piccole campane di bronzo e acciaio trasmettono ai visitatori «la musica delle anime perdute», proprio come “Les Archives du coeur”.