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L’Olimpiade di Eleanor Holm

Perché a 76 anni di distanza quei Giochi mancati hanno rovinato un'eroina del Sogno Americano

24 Luglio 2012

Quando era su quella nave,  il transatlantico che le avrebbe spezzato la carriera, Eleanor poteva aver avuto tra le mani Tenera è la notte di Fitzgerald. Purtroppo, ora che l’ex nuotatrice e attrice americana è scomparsa 91enne non ci è dato saperlo. La coincidenza sarebbe stata di quelle più crudeli che mai, perché il romanzo di Fitzgerald uscito solo due anni prima di quel tragico viaggio che ha fatto la storia della nuotatrice, suona come una premonizione brutale, visto che tra i lidi della costa azzurra descritti dall’autore si cela quella che poi è stata la seconda vita di Eleanor Holm.

Gambe atletiche e riccioli biondi, Eleanor Holm nasce a Brooklyn, è ancora piccola quando in pantaloncini da marinaretta e sandali percorre pochi isolati e si tuffa in piscina. Si butta di schiena, muove le braccia e tende le gambe lasciando le orecchie sott’acqua: una posa che poi le verrà perfetta e con un sorriso da fidanzatina d’America nella celebre copertina del Time dove Eleanor veste i (pochi) panni del benessere americano. Le viene facile, ha appena vinto la medaglia d’oro nei 100 metri dorso alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932. È sempre più bella Eleanor, con quelle gote che sbucano a bordo vasca quando si sporge per salutare il padre, un pompiere di New York che da quando sua figlia tredicenne ha vinto il primo titolo nazionale, incomincia a credere di più nel Sogno Americano.

Nello stesso anno  in cui la nuotatrice decide che avrà un solo stile,  il dorso con cui vince la sua prima Olimpiade, Francis Scott Fitzgerald sta costruendo Tender is the night che si apre, casualmente, con una scena che celebra proprio quel benessere a tratti dimenticato, spesso attribuito più alla fisicità maschile che a quella tenera, appunto, delle donne. Perché Fitzgerald sceglie una protagonista quale Rosemary Hoyt, giovanissima attrice americana in Costa Azzurra per una breve vacanza per raccontare la febbre da nuoto che esplode negli States: la protagonista del romanzo entra in scena così «Rosemary appoggiò il viso sull’acqua e nuotò un piccolo crawl tagliente verso la boa. L’acqua si stendeva ad accoglierla, l’attirava teneramente giù dal calore, le si insinuava nei capelli e negli angoli del corpo». Eleanor non avrebbe voluto diventare un’attrice che si concede una tenera vacanza in Costa Azzurra. Avrebbe voluto vincere un secondo oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936, quelle che si preannunciavano essere uno spiegamento di propaganda nazista. Ma Eleanor più che alle vicende politiche oltre Oceano pensava al dono più bello che l’America le avesse fatto: il benessere conquistabile per meriti e per bellezza, e quella a Eleanor non mancava, anzi, copertine e pubblicità più che ai record, insoliti e inaspettati per una ragazza, tendevano a sottolineare come la giovane di Brooklyn potesse stare benissimo anche a Hollywood. La Holm si imbarca per i Giochi di Berlino che ha già contratti con gli Warner Studios e un marito scovato in un piano bar. Niente hotel come quello di Gausse descritto da Fitzgerald. Quelli, verranno pochi anni dopo.

Non è per nulla tenera la notte per Eleanor che felice s’imbarca con la squadra olimpica americana e non sa che sta per diventare artefice del suo destino e dello spionaggio delle compagne di squadra. Sono troppe le coppe di champagne che la stella della Nazionale non rifiuta mai, anzi, che continua a proporre anche al capitano, Avery Brundage, lo stesso che poche ore dopo e a molte coppe dalla prima, sospende Eleanor dalle Olimpiadi dopo che sul transatlantico corre la voce (e poi la conferma) dello stato d’incoscienza della nuotatrice a causa del troppo alcol assunto in una notte. Bastano pochi mesi e il costume olimpionico nero viene sostituito da un bikini vichy e ciglia folte, le corsie della piscina spariscono per far posto a Mai Tai da consumare sotto il sole. Il sogno americano va avanti per meriti e bellezza certo e questa volta, come la stessa miss Rosemary Hoyt insegna, la bellezza annulla tempo e spazio. Ed Eleanor si ritrova tra le braccia di Tarzan a soli due anni dalla squalifica per ebbrezza, diventando eroina di Tarzan Revange, e che, ennesima ironia della sorte, ha per Tarzan Glenn Morris, campione olimpico di Decathlon che si è conquistato il titolo proprio ai Giochi mancati da Eleanor, quelli di Berlino.

Eleanor inizia una competizione più crudele di quella vista in vasca, dove lei è la ragazza della porta accanto con potenza e coordinazione, doti che non servono a nulla nel circo impazzito di Hollywood dove l’accento massiccio di Ava Gardner lo si scioglie con un po’ di whisky, la timidezza di Liz Taylor la si rende seduzione con un po’ di vodka. Le dive aumentano, le nuotatrici diminuiscono e aEleanor il ruolo di eterna Jane compagna di Tarzan non basta più. Se non arrivano i copioni non mancano i pretendenti dai conti floridi con ex mogli ingombranti. Eleanor cavalca l’onda, impeccabile nel suo stile cieco, il dorso, che non le permetteva di vedere dove stava andando, e si butta di schiena nel fenomeno degli Studios, dei pool party e dei tappeti rossi. Non vede dove sta andando e continua a non leggere Tenera è la notte, per quanto apprende in fretta una lezione hollywoodiana dietro l’altra,  tirocinio che la porta a  un lungo susseguirsi di divorzi, eredità, comparse su set sempre minori e spettri olimpici (ovvero riaperture del “suo”caso a ogni talento femminile che si tuffasse in acqua) a guastarle il sonno e la celebrità. Passano le Olimpiadi, passa Tarzan, passa Hollywood e Eleanor si spegne a Miami, novantunenne con il fegato a ricordare perennemente quel suo Titanic del ’36.

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