Intervista a Carlos Moreno, l'urbanista franco-colombiano che ha teorizzato il concetto di Human Smart City e la necessità di creare quartieri in cui tutto sia a portata di mano.
Nessuno ha capito perché in Thailandia ci sono stati così pochi casi di Covid-19
«Nessuno ha ancora capito come mai la Thailandia sia stata risparmiata». Inizia così l’articolo del New York Times che ha provato a spiegare le cause per cui un Paese con circa 70 milioni di abitanti abbia avuto così pochi casi di Coronavirus (finora ne sono stati individuati poco più di tremila), chiarendo subito che il motivo non potrebbe essere solo un eventuale scarso numero di test, considerando che anche il numero di decessi è stato molto basso (58 morti). Le cause, infatti, potrebbero appartenere a una questione culturale, che ha fatto del distanziamento sociale, ben prima della pandemia, una caratteristica del comportamento dei cittadini – con l’abitudine di salutare gli altri con un movimento simile alla preghiera, senza toccarsi, ma non solo.
Stando all’ipotesi più accreditata, il Covid-19 in Thailandia si sarebbe diffuso così poco perché la cultura del Paese prevede infatti rari contatti fisici tra gli abitanti che, peraltro, sono soliti trascorrere la maggior parte del tempo all’aria aperta, anche per consumare i pasti, evitando quindi gli assembramenti in condizioni di distanza ravvicinata. Inoltre la Thailandia, benché vicina alla Cina da cui era partito il contagio, ha deciso di adottare sin da subito le mascherine, unendo quindi una rapida e buona «strategia politica a un ottimo sistema sanitario già presente nel Paese», scrive il Nyt. Tra le ipotesi, anche quella secondo cui potrebbe esserci qualcosa, a livello genetico, nel sistema immunitario dei thailandesi che li renderebbe più resistenti al Covid-19 insieme ai loro vicini del sud-est asiatico, tanto che anche Myanmar, Cambogia e Laos hanno avuto pochissimi casi (lo stesso vale per la provincia cinese dello Yunnan, la più vicina al sud-est asiatico, in cui i casi registrati sono stati solo 190).
«Ma non credo si tratti solo della genetica», ha affermato Taweesin Visanuyothin, del Ministero della sanità pubblica della Thailandia. «Ha a che fare con la cultura, e con tutta un’altra serie di cose che riguardano il nostro modo di vivere». Intanto, sembra anche che in Thailandia la percentuale di asintomatici sia particolarmente più alta che altrove, addirittura vicina al 90 per cento. «Mentre noi siamo molto più inclini ad avere gravi conseguenze dopo aver contratto la dengue, siamo più resistenti a questo nuovo virus», ha detto Wiput Phoolcharoen, un esperto di salute pubblica dell’Università Chulalongkorn di Bangkok. Nonostante i pochi casi finora individuati, però, la Thailandia rischia comunque una contrazione economica tale da avere gravi conseguenze su abitanti e migranti dal Myanmar e dalla Cambogia, che dopo essere arrivati in Thailandia rischiano di trovarsi senza più un lavoro. E anche il tema dell’apertura ai turisti dall’estero è ancora motivo di dibattito.