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La locandina di Eddington, il nuovo film di Ari Aster, è un’opera d’arte, letteralmente Il regista presenterà il film in anteprima mondiale al prossimo Festival di Cannes, in programma dal 13 al 24 maggio.

La storia dell’articolo del New Yorker definito come il migliore articolo mai scritto

07 Luglio 2020

Quando un nuovo numero del New Yorker (qui il nostro pezzo sul centenario della rivista) arrivò nelle edicole, il 6 agosto del 1946, la copertina presentava una scena da picnic generica, con persone che prendevano il sole, facevano escursioni, cavalcavano. Le prime pagine contenevano le solite pubblicità di calze e abbigliamento da donna, ma c’era qualcosa di diverso, e unico: l’intero numero era dedicato a una storia, lunga 68 pagine, scritta dal corrispondente di guerra e romanziere John Hersey. «Alle otto e un quarto del 6 agosto del 1945, nel momento in cui la bomba atomica balenò sopra Hiroshima, Miss Toshiko Sasaki, un impiegata, si era appena seduta al suo posto nell’ufficio dello stabilimento, voltandosi per parlare con la ragazza alla scrivania accanto». “Hiroshima”, questo il titolo, è stato definito da allora uno dei migliori articoli mai scritti. Literary Hub ne ha raccontato la storia.

John Hersey, a 31 anni, aveva già vinto un premio Pulitzer. Diversi mesi dopo che la prima bomba atomica fu lanciata su Hiroshima nell’agosto del 1945, aveva menzionato di aver scritto qualcosa al riguardo al suo editore newyorkese, William Shawn. Hersey, nato in Cina da missionari protestanti, dopo aver già coperto la guerra del Pacifico per alcune testate, immaginò un articolo che documentasse il potere della nuova bomba. Alla fine decise che si sarebbe concentrato su ciò che accadeva, non sugli edifici, ma sugli umani. In quel momento, poi, a quasi un anno di distanza, nessuno aveva ancora toccato l’argomento, né attraverso la scrittura, né con qualsiasi altro mezzo di informazione,

New Yorker, numero del 6 agosto 1946

Il suo articolo avrebbe dovuto partire dalla voce delle persone, raccontare i risvolti psicologici di un disastro terribile. Così, arrivato a Hiroshima nel maggio del 1946, intervistò diverse decine di sopravvissuti, prima di stabilire quei sei che avevano le storie più potenti: due medici, un prete cattolico, un ministro metodista e due donne lavoratrici. Hersey aveva assistito alla devastazione della guerra molte volte prima, ma Hiroshima era diversa: «Queste rovine erano state create da un’arma in un istante», scrisse. In un momento soltanto, sia all’esterno, che all’interno della vita. E se Hersey lo percepiva ancora nella città nove mesi dopo, come deve averlo vissuto la gente che era lì in quel momento? In una nota ai lettori, i redattori spiegarono di aver compiuto quella scelta convinti che «le persone devono conoscere cosa implichi distruggere una città, con una nuova arma, in così poco tempo». Tutte le copie vennero esaurite. Il sindaco di Princeton, nel New Jersey, chiese a tutti i residenti di leggerlo. Tutt’ora è considerato uno dei migliori articoli mai scritti.

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