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Perché Jacinda Ardern, premier della Nuova Zelanda, è un modello nella risposta all’emergenza

27 Marzo 2020

Era il 15 marzo 2019, quando a causa di un attentato di stampo islamofobo 50 persone persero la vita nel corso di due sparatorie, nella moschea di Al Noor e nel centro islamico di Linwood. Ed è stato proprio durante il massacro di Christchurch e nei mesi successivi, che il primo ministro della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, venne lodata per la risolutezza con cui aveva agito. Ora, durante la pandemia da Coronavirus, nonostante nel suo Paese i contagiati siano solo poco meno di 300 e non sia stato registrato ancora nessun decesso come riferiscono i dati raccolti dalla Johns Hopkins University, è apparso chiaro come il suo atteggiamento possa essere preso a modello come risposta all’emergenza. «Scusate l’abbigliamento casual», ha detto in una diretta Facebook di giovedì 26 marzo. «Ho appena messo a letto i miei figli, ed è stato complicato. Ma vi spiego perché vorremmo che voi rimaneste a casa e risponderò alle vostre domande».

Senza minimizzare o allarmare, senza hashtag o decreti confusionari. Lo scorso mercoledì, come ricorda il Guardian, Ardern ha convocato il Parlamento mettendo la Nuova Zelanda in lockdown per quattro settimane, restringendo al minimo i servizi essenziali attivi (tra questi non c’è la consegna di cibo a domicilio) e facendo affiggere sulle autostrade cartelloni riportanti avvisi sulla sanità pubblica: «Sii gentile, mantieni la calma e ricordati che è per il tuo bene». Così che nel giro di un giorno, nelle città come Auckland, le strade fossero totalmente vuote, senza che ci fosse la necessità da parte della polizia – il commissario Mike Bush ha detto di aver fermato solo un paio di ragazzi – di intervenire. Intanto su Facebook, Adern ha esortato i neozelandesi a “comportarsi come se avessi il COVID-19”, spiegando le ragioni del blocco. Ha detto di non scoraggiarsi, invitando a riflettere sul fatto che le misure circa la distanza sociale hanno avuto un impatto positivo negli altri Paesi, anche se non immediato, «ma la situazione migliorerà e lo farà solo grazie a voi».

«Ogni ora che aspettiamo, che andiamo contro agli ordini del governo, è una persona che si ammala in più, altre due, altre tre. Non possiamo aspettare», ha detto il primo ministro neozelandese. «Staremo a casa, ma questo non significa essere inutili, senza occupazione da svolgere, senza niente da fare: il lavoro è quello di salvare vite, e lo si può fare stando nelle proprie abitazioni, rompendo la catena dei contagi», ha continuato. «Lunedì abbiamo detto che avremmo dovuto chiudere la Nuova Zelanda. Ed eccoci qui, giovedì, con le strade deserte. Grazie».

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