Una conversazione libera tra due Millennial su matrimonio gay, diritti acquisiti e diritti da conquistare, vite da privilegiati e vittimismo social, militanze vecchie e nuove e prospettive per il futuro.
La storia degli ambienti di Parasite di Bong Joon-ho
Cosa c’è in una ricca casa di Seoul? È la domanda cui Bong Joon-ho ha risposto con il suo Parasite, ambientato in una villa costruita in un set impressionante, interamente creato da zero attraverso la collaborazione con lo scenografo Lee Ha Jun. Un mondo elaborato, costruito secondo le specifiche richieste del regista che desiderava una facciata minimalista in grado di celare una realtà diabolica.
Come riporta Vulture, infatti, «la casa della famiglia Park in cui si svolge la maggior parte del film, è uno dei set più sorprendenti degli ultimi anni», tanto che sulla complessità della sua realizzazione Bong Joon-ho aveva detto: «Ho dovuto progettare meticolosamente quell’ambientazione. Ogni personaggio si muove in spazi propri, per imparare a infiltrarsi negli spazi che non conosce», aggiungendo di essersi sentito lusingato del fatto che numerosi registi, tra i quali Iñarritu, avessero pensato si trattasse di una casa vera. E invece è stata progettata per fare di Parasite un «film di scale», come lo ha definito il regista a Vulture. Le scene più intense del film sono infatti quelle che si svolgono su e giù per le scale, dal seminterrato al bunker sottostante, e Lee e il suo team hanno costruito l’intera struttura organizzandola seconda le rampe e i gradini. La villa dei Park presenta infatti un’architettura verticale complessa, formata da almeno quattro piani – terreno, sopraelevato, seminterrato, sotterraneo – a ognuno dei quali corrisponde una diversa configurazione sociale.
«Lee ha avuto un esaurimento nervoso ogni giorno», ha detto il regista. E non solo per l’architettura labirintica, ma per la presenza sulla scena di oggetti realizzati su misura da un falegname modernista, scelto per la sua estetica spigolosa, e quindi preziosissimi. Grande attenzione è stata data anche al quartiere povero, totalmente ricostruito – «nemmeno il pubblico coreano ha capito fosse finto!» – attraverso materiali recuperati dai quartieri di zone destinate a essere demolite e riqualificate dal governo, come ha spiegato la Bbc, vicoli e strade in cui molte persone vivono ancora in Corea del Sud. «Tra porte, finestre, piastrelle e zanzariere, ho immaginato il quartiere di Ki-taek pensando al seminterrato in cui vivevo durante il college», ha aggiunto Lee. «Mai avrei pensato che quel bagno ammuffito mi sarebbe stato utile».