La nomina di Demna a Direttore artistico di Gucci chiude mesi di pettegolezzi, mesi in cui a dominare il dibattito sono state le congetture, nuova deriva della macchina dell’hype.
Uomini e fiori alle sfilate di Parigi
Che tipo di maschio abbiamo visto in passerella?

Tra gli uomini della Silicon Valley, il co-fondatore di Twitter Jack Dorsey è un caso piuttosto singolare. È celebre, tra le altre cose, per le sue bizzarre abitudini alimentari e per la sua ossessione per Rick Owens, e si è costruito un seguito piuttosto nutrito di adepti convinti, probabilmente, che il segreto del suo successo stia nello stile minimale e nell’attitudine monastica. Di lui sappiamo che cammina per un’ora e mezza per andare al lavoro, fa la sauna e il bagno nel ghiaccio ogni sera prima di andare a dormire, consuma un solo pasto al giorno e digiuna tutti i weekend. Ha scritto Nellie Bowles sul New York Times che nel mondo del tech solo in due si sono guadagnati lo status di guru: uno è proprio Dorsey e l’altro è Elon Musk, che piace «per la sfacciata iper-mascolinità, i suoi tweet arrabbiati, i meme, i suoi razzi spaziali e i suoi lanciafiamme». Se Musk è l’incarnazione di un «aggressivo ottimismo» in forma di maschio, Dorsey è il suo perfetto contraltare: «è molto magro, molto pallido, con la barba lunga. Ha delle rughe molto profonde in faccia e quasi scompare nelle sue magliette sempre troppo lunghe». Perfetto, insomma, per la prima fila delle sfilate di Parigi, dove dal 18 al 23 giugno abbiamo visto sfilare le collezioni maschili per la Primavera Estate 2020.
- Dior Homme Primavera Estate 2020. Foto di Pascal Le Segretain/Getty Images
- Dior Homme Primavera Estate 2020. Foto di Pascal Le Segretain/Getty Images
Dorsey, cappellino calato in testa e in total black, è comparso da Dior e da Celine, per inciso due delle sfilate più interessanti della sei giorni parigina. Da una parte Kim Jones e i suoi uomini-esploratori, mai così morbidamente vestiti, che hanno sfilato all’interno dell’installazione dell’artista Daniel Arsham che ricordava un deserto bianchissimo, mentre Hedi Slimane ha mandato in passerella una moltitudine di replicanti che più slimaniani di così non si poteva. Si prevede gran successo per il nuovo Celine, che perdendo l’accento ha perso anche il suo focus al femminile dell’epoca Phoebe Philo, ma se c’è qualcuno a cui è ancora concesso di restare ciò che è, solido e monolitico e per questo impossibile da fraintendere, quello è proprio Slimane. Le sue silhouette stompano a passo di marcia qualsiasi bel pensiero da marketing inclusivo e si stagliano in una dimensione che la moda oggi sembra aver messo da parte, ovvero quella di modificare l’immaginario collettivo invece di assecondarlo. Ovvero ancora: perdere peso per entrare nei suoi vestiti, come se fosse il 2002.
- Celine Primavera Estate 2020. Foto di Pascal Le Segretain/Getty Images
- Celine Primavera Estate 2020. Foto di Pascal Le Segretain/Getty Images
Ma non è (solo) colpa della moda, qualunque cosa essa sia oggi, ma (anche) nostra, che agli abiti ci rapportiamo in maniera completamente diversa dal passato. Così gli uomini visti a Parigi passeggiavano tra i fiori come da Off-White o con i fiori in testa e nelle borse come da Louis Vuitton: Virgil Abloh parla ad altri campioni di nuove mascolinità, come A$AP Rocky, che al pari di Rihanna sembra più interessato alla moda che alla musica, ma per ora rimane senza marchio. Come sempre Abloh rimescola quello che sul piatto c’è già ed è inutile rimproverargli gli “omaggi” a Craig Green o a Jonathan Anderson. Sarebbe come rimproverare a Demna Gvasalia i prezzi della collezione “anticapitalista” di Vetements: sono ossimori, contro-intuizioni, ed è per questo che funzionano. E poi Anderson, che sul profilo Instagram del marchio che porta il suo nome ci ha tenuto a ricordare che questa cosa degli uomini con i fiori l’aveva fatta già lui nel 2010, non ha bisogno di cedere al gioco della denuncia internettiana: la sua collezione per Loewe era bellissima, come già quella donna di febbraio, perché lavorava bene, senza proclami da hashtag, sul concetto di guardaroba unico e su quello di fluidità. E a proposito di mascolinità performativa, tra le collezioni migliori bisogna segnalare l’omaggio (nel senso di ispirazione reale) a Virginia Woolf di Rei Kawakubo da Comme des Garçons, gli uomini in bomber e sporte di paglia di Sacai e quelli in zatteroni e cargo-pants da Rick Owens, in forma smagliante nelle ultime stagioni. Con buona pace di Dorsey, che (a quanto ne sappiamo) non era stato invitato.

Reggiseni esposti, stole di pelliccia, cotonature sfatte e un cast che unisce personalità le quali, ognuna in maniera diversa, raccontano una storia sul presente: nell’idea di donna di Miuccia Prada ci sono tante cose, anche gli uomini.