Intervista a Carlos Moreno, l'urbanista franco-colombiano che ha teorizzato il concetto di Human Smart City e la necessità di creare quartieri in cui tutto sia a portata di mano.
Nessuno vuole pubblicare il memoir di Woody Allen
Come ricorda un articolo del New York Times che sta circolando moltissimo in queste ore, le celebrità che una volta gareggiavano per un ruolo nei film di Woody Allen ora fanno a gare per ripudiarlo. Come scrivevamo qui un anno fa, il mondo dello spettacolo si è rivoltato contro il grande regista in seguito alle nuove accuse della figlia, accuse da cui il regista era stato scagionato più di vent’anni fa. Qualche mese fa Amazon ha ufficialmente chiuso il contratto di quattro film che Allen aveva firmato nel 2017 e ha deciso di non distribuire il primo film, A Rainy Day in New York. L’ultima novità riguarda il memoir che Allen ha cercato di propinare a qualche casa editrice nell’ultimo anno, senza successo.
Il New York Times che molte case editrici hanno rifiutato il manoscritto, alcune senza nemmeno leggerlo. La loro giustificazione è sempre la stessa. Più che di uno scrupolo morale, si tratta del terrore di assumersi un grosso rischio commerciale: nel clima post #MeToo, lavorare con Allen potrebbe rivelarsi un grave fallimento. Daphne Merkin, l’autrice dell’esclusiva intervista a Soon-Yi – pubblicata su Vulture nel settembre 2018 (qui ne parlava con Guia Soncini) – ha ammesso di non aver letto il manoscritto, di cui l’amico regista parlava da un po’, di non sapere di che anni della sua vita parli e se si riferisca in qualche modo alle accuse di molestie.